Il complesso di superiorità della sinistra non è mai stato così sviluppato come in questi giorni. Dopo uno stuolo di opinionisti, domenica sono intervenuti attori e cantanti suggellando il dibattito sull’etica con un’analisi raffinata quasi quanto la loro arte: la maggioranza degli italiani, quella che nelle urne ha scelto il centrodestra, è composta da «co***ni». Parola di Dario Fo e Gino Paoli. Il cantante, ospite di Antonello Piroso su La7, si è addentrato in una profonda disamina del Paese: «Io parlo della mentalità della maggioranza. Mio padre mi ha insegnato a essere onesto, non a essere furbo.Ho l’impressione che oggi si insegna ( sic, ndr ) a essere furbi. Le regole sono più importanti di tutto il resto. Le regole etiche, che hanno a che vedere col buongusto, col comportamento, col non offendere gli altri. Vivere insieme significa rispettare le regole ». Purtroppo tutto è inutile: «La maggioranza vuole Berlusconi. È la democrazia, e io la rispetto. Il difetto della democrazia è che se la maggioranza è poco intelligente, una maggioranza di co***ni, allora... ». Ecco, questo sì che è «rispetto ». Il premio Nobel è andato oltre, ha fustigato anche gli ignavi: «Berlusconi è dentro ai nostri cuori», ha detto Fo in piazza a Milano, «nel senso che ce li sballa. Io non capisco le persone che credono che con o senza Berlusconi sia la stessa cosa e non gli interessa. A loro dico co***ni». Poi ha espresso una sua opinione sulla decadenza dei costumi, accelerando la sorprendente transizione da libertino a bacchettone: «Ho sempre visto gente che determinava il valore della loro ( sic, ndr ) vita dal numero delle donne di cui si circondavae di cui godeva spesso pagandole con denaro della comunità. E questo lo fa anche Berlusconi». Paoli e Fo sono comunque dilettanti. Resta insuperabile l’appello di Umberto Eco pubblicato prima del voto nel maggio 2001. Il semiologo sviscerava l’argomento da par suo: L’elettorato di centrodestra si divide in due categorie. C’è quello «Motivato» di cui fanno parte «il leghista delirante»,«l’ex fascista », e i malviventi reali o aspiranti, cioè tutti coloro i quali «avendo avuto contenziosi con la magistratura, vedono nel Polo un’alleanza che porrà freno all’indipendenza dei pubblici ministeri». Poi c’è l’elettorato «Affascinato». Vi appartiene chi «non ha un’opinione politica definita, ma ha fondato il proprio sistema di valori sull’educazione strisciante impartita da decenni dalle televisioni, e non solo da quelle di Berlusconi. Per costoro valgono ideali di benessere materiale e una visione mitica della vita». Caratteristica comune ai due gruppi è l’ignoranza: tutti quanti leggono «pochi quotidiani e pochissimi libri». L’appello ebbe un tale successo da dettare la linea alla politica. Massimo D’Alema, a esempio, non molto tempo fa (2008) godeva all’idea di essere minoranza nel Paese ma maggioranza nella «parte più acculturata del Paese ». Esultava: siamo «il primo partito nelle aree urbane tra gli italiani che leggono libri, che leggono i giornali»; «rappresentiamo la classe dirigente del Paese in tutti i campi»; «è molto difficile che chi governa possa cambiare le cose senza il consenso attivo dell’elettorato di centrosinistra ». Ma basterà leggere un libro in più, conoscere una canzone in più, scoprirsi all’improvviso guardiani della pubblica decenza, per riaffermare la propria supremazia culturale? La storia recente delle batoste elettorali subite dal centrosinistra racconta un’altra storia, anche se pochissimi tra i progressisti vuole starla a sentire.
È una storia fatta di vecchie risposte stataliste su qualsiasi tema: a partire dall’economia (la patrimoniale, già, un’idea nuova di zecca)per arrivare all’istruzione passando per la sanità. Segno che l’egemonia culturale, e il razzismo etico che purtroppo si porta appresso, è finita da un pezzo e perdura solo come occupazione dei posti che contano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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