
Da New York, i pensieri di Massimiliano Gioni mi arrivano via mail e seguono un flusso veloce. Commenta le eccessive chiusure dei musei elencandomi le numerose aperture o ampliamenti, in America (tra tanti: Frick Collection, New Museum, Princeton University Art Museum, Studio Museum). "Questione di prospettive", dice. Vero.
Cinquantun anni, di Busto Arsizio, da decenni a New York dove è direttore artistico del New Museum (riassunto essenziale del cv: ha curato mostre in mezzo mondo e la 55esima Biennale d'Arte di Venezia), Gioni dal 2003 è anche direttore della Fondazione Nicola Trussardi. In questi giorni sta lavorando all'allestimento della mostra in arrivo a Palazzo Morando di Milano (Fata Morgana: memorie dall'invisibile) mentre ha in corso un ampliamento del museo newyorchese: un nuovo edificio disegnato da OMA/Rem Koolhaas e Shohei Shigematsu (siamo in area Olimpo degli archistar) sorge accanto alla sede originale: "Raddoppia gli spazi espositivi e quelli dedicati al pubblico: ci permette di restare un museo flessibile, reattivo e veloce: il nuovo edificio somiglia a un prisma che riflette la molteplicità della cultura contemporanea". Insisto sulle chiusure eccellenti: "La coincidenza ha anche a che fare col fatto che gli anni Settanta erano stati forieri di tanti musei e dopo una cinquantina d'anni, ahimè, anche i musei più belli hanno bisogno di restauri. Il caso del Pompidou è il più simbolico: è un edificio che era futuristico e resta ancora radicale, ma deve rifarsi il maquillage". Come intervenire? "I restauri meglio riusciti sono quelli che risultano pressoché invisibili".
Due preziose provocazioni finali: "Dal Duemila o giù di lì, con la Tate Modern di Londra a diventarne il simbolo più ovvio, abbiamo assistito alla trasformazione di grandi fabbriche in musei, allegorie viventi della trasformazione delle società contemporanee occidentali che si spostano dalla produzione ai servizi.
Che cosa succederà in futuro? Torneranno a essere fabbriche? Dovremo inventare nuovi usi per i musei quando non si uscirà più di casa per il caldo e vivremo in un mondo virtuale? Il modello della Fondazione Trussardi, con il suo museo mobile, che riapre o trasforma spazi esistenti in musei temporanei, è un modello inusuale ma quanto mai contemporaneo, perché senza investire sull'hardware reinventa il software, convinto che l'arte possa trasformare le città e la nostra vita, a patto che possa infilarsi liberamente in ogni angolo e ci inviti a cambiare lo sguardo sul mondo che ci circonda". E infine: "Per uno che ama i musei, devo dire che forse il sogno ultimo è quello di far sì che il museo scompaia, purché la vita di tutti i giorni diventi bella come un museo la domenica mattina".