I rospi dell’Aquila hanno previsto il sisma

Forse anche i rospi troveranno una qualche forma di riabilitazione. Da sempre considerati, nell’immaginario collettivo, grandi «paciane» bavose, sguazzanti in mezzo alla melma e meritevoli di uno sguardo schifato (se non di un calcio ben assestato), potrebbero un giorno vendicarsi, facendosi assumere quali ospiti graditi e ricercati nei giardini, sui balconi e perfino negli appartamenti.
Le ricerche sull’abilità degli animali di captare segni premonitori degli eventi sismici sono sempre naufragate nel dubbio e nel sospetto che molto vi sia di aneddotico e ben poco di scientifico. La credenza che gli animali possano prevedere i terremoti data da centinaia d’anni. Nel 373 a.C. gli storici scrivono che topi, serpenti e donnole abbandonarono in massa l’antica città greca di Alicia, proprio pochi giorni prima che un terremoto la colpisse. Infiniti sono poi gli aneddoti dei proprietari di animali. Il rumore delle catene a cui sono legate le vacche nella notte, i pesci che nuotano impazziti, i cani che ululano senza motivo. Ognuno vi racconterà la sua, compreso il sottoscritto che, quando capita una scossa, trova regolarmente i suoi gatti sbadigliare sul letto, incazzati con chi ha acceso la luce di notte, senza ragione.
Mentre i giapponesi sono convinti che i colombi, e altri uccelli, avvertano in anticipo le ondulazioni del terreno, gli americani sono scettici e i loro studi hanno dimostrato che nulla vi è di attendibile.
Una casuale ricerca dell’inglese Rachel Grant, che da anni studia il comportamento riproduttivo dei rospi, potrebbe ribaltare lo scetticismo della scienza ufficiale circa la premonizione degli animali durante gli eventi sismici. La Grant era impegnata in una delle sue ricerche a 74 chilometri dall’epicentro del sisma che ha colpito l’Aquila tra il 27 marzo e il 24 aprile 2009, quando si è accorta che la colonia di rospi è improvvisamente fuggita dal territorio di riproduzione cinque giorni prima del tremendo terremoto che ha colpito la città abruzzese.
Gli studiosi britannici si trovavano presso il lago di S. Ruffino, nelle Marche (74 chilometri dall’Aquila) per condurre i loro studi di etologia e una parte fondamentale del loro lavoro consisteva nel contare, ogni sera, il numero di rospi maschi e di quelli accoppiati, su un percorso di 2,5 chilometri. Il maschio del rospo rimane per lungo tempo aggrappato alle ascelle della femmina, per favorire la fecondazione delle numerose uova da lei emesse. La sera del quinto giorno prima del terremoto, quasi l’intera colonia di maschi è scappata disinteressandosi dell’accoppiamento e i ricercatori non sono riusciti a individuare neanche una coppia impegnata negli «amorosi sensi». Le condizioni meteo erano perfettamente stabili, quindi l’unica variabile che può avere condotto a un fenomeno altrimenti inesplicabile è che gli anfibi abbiano «sentito» che qualcosa cambiava nell'assetto geomagnetico. In altri termini, hanno previsto il disastroso evento sismico. In che modo questo possa essere successo, è tuttora sotto la lente d’ingrandimento dei ricercatori.

D’altronde anfibi e rettili sono animali estremamente sensibili alle vibrazioni e sul loro corpo vi sono numerosi recettori geomagnetici che servono per orientarsi, mentre elevata è anche la sensibilità alle fughe di radon dalla crosta terrestre.
E adesso, se vi imbattete in un rospo, evitate di fare quella faccia. Domani potrebbe avere la sua poltroncina in casa vostra, onorato e riverito.

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