di Gli Asburgo non fanno una grande figura nei nostri ricordi scolastici, farciti di patriottici inni contro il «barbaro invasor». Invasori lo furono, eccome. La casata regnante più antica dEuropa - parliamo di quasi otto secoli - sono stati re o imperatori di quasi tutto, tranne la Francia e la Gran Bretagna: re di Portogallo, re di Spagna (quando erano grandissime potenze), imperatori del Sacro Romano Impero per molti secoli fino a concludere la carriera dinastica alla guida dellimmenso impero Austro-Ungarico. Sconfitti nella Prima guerra mondiale, il loro dominio si disfece in tanti stati (Austria, Ungheria, Jugoslavia ecc.) e lultimo imperatore Carlo I venne costretto allesilio. Era talmente una brava persona che Giovanni Paolo II lha beatificato il 3 ottobre 2004. Carlo era anche un padre e sposo esemplare, tanto che dette otto figli allimperatrice Zita. Il primogenito, Otto, è morto ieri - quasi centenario - dopo essere stato per ben 85 anni aspirante al trono, imperatore di un impero che non cera più. I suoi mancati sudditi austriaci oggi lo piangono in coro, con segni palesi di vero lutto. E non certo per quella sua faccia buona da Geppetto colto e internazionale. Piangono la morte di un Asburgo, il rappresentante di una casata che per noi è quella del «Barbaro invasor», mentre per loro è stata una grande dinastia che li ha resi un grande popolo. Viene da chiedersi perché niente di simile accade o accadrà, da noi, con i Savoia. Eppure riuscirono finalmente a unificare lItalia, eppure anche i piccoli Savoia hanno sofferto lesilio. Ma la differenza di trattamento non dipende da fatti storici: non centra che nel Lombardo-Veneto si ricordi ancora la buona amministrazione di Francesco Giuseppe; non centra che Otto si sia opposto allAnschluss nazista che voleva conquistare lAustria, nel 1938, proprio nellanno in cui i Savoia firmavano le leggi razziali fasciste.
Credo che la differenza stia nel fatto che gli Asburgo amavano il loro popolo, i Savoia no: «LItalia è un carciofo che si mangia a foglia a foglia», era il loro motto nella prima metà dellOttocento. Se la mangiarono in un solo boccone dopo che Garibaldi e Cavour glielavevano conquistata, e la insanguinarono subito con una guerra civile (la cosiddetta lotta al brigantaggio) che aggravò, invece di risolvere, i problemi meridionali.
I guasti più dannosi allimmagine della loro casata, però, li hanno fatti gli ex piccoli esiliati, Vittorio Emanuele e Emanuele Filiberto. Il primo ha brillato con un colpo di fucile sparato da uno yacht e il suo senso degli affari; il secondo con la leggiadria danzerina e la compiaciuta ignoranza. Riammessi in Italia, hanno chiesto risarcimenti e seggi parlamentari. Invece Otto il seggio se lo conquistò per ventanni filati, nel parlamento europeo, lavorando sul serio. Perché era un Asburgo.
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