I segreti delle baby «schiappe» diventate star di successo

Quando il papà del piccolo Mané portò quello scricciolo al provino organizzato dallo Sport Club Pau Grande, il mister delle giovanili allargò le braccia sentenziando: «Con quel corpo stortignaccolo, tuo figlio non potrà mai diventare un calciatore». Il padre, sconsolato, abbassò lo sguardo e disse a Mané: «Te l’avevo detto...». Mané era l’abbreviazione di Manoel Francisco dos Santos, meglio noto con lo pseudonimo di Garrincha: cioè lo stesso atleta che sarebbe diventato il Dio del dribbling più celebrato al mondo.
La lista dei Garrincha italiani che, a inizio carriera, hanno subìto lo stesso smacco di Manè è lunga e comprende campioni del calibro di Del Piero, Baggio, Mancini e via goleando. Tutti guardati - da ragazzini - con una certa diffidenza per via di un fisico da «schiappa»: chi troppo magro; chi troppo basso, chi troppo gracile.
E che dire di Adriano Celentano considerato «stonato», di Naomi Campbell rifiuta perché le «top model di colore non vanno bene...», di Alberto Sordi giudicato «non idoneo per fare l’attore» o - addirittura - di Einstein bocciato in fisica e matematica? «Schiappe» appunto (ma molto presunte). Che infatti si sono poi trasformati in miti proprio nei settori professionali dove, a inizio carriera, frettolosi esaminatori li avevano liquidati in quattro e quattr’otto.
Una mancanza di lungimiranza - quella degli «esperti» chiamati a giudicare i giovani talenti - che accomuna passato e presente. Ed è trasversale a tutti i settori: dallo sport alla cultura, dallo spettacolo all’arte. Salire al bordo della macchina del tempo dei provini garantisce brividi imprevisti. Perfino un genio come Leonardo da Vinci fu catalogato nei primi anni di studio come un soggetto «non particolarmente dotato» (ma forse si trattava solo di invidia). Stessa sorte per Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio che dovettero faticare non poco per trovare un posto «a bottega».
Anche immensi musicisti come Wagner, Chopin e Beethoven ricordano nelle loro memorie i «difficili inizi», con maestri giovanili assolutamente incapaci di riconoscere in quegli allievi i grandi protagonisti sinfonici che sarebbero divenuti nel giro di pochi anni.
Ma la «sindrome da schiappa» è una malattia che non ha risparmiato neppure personaggi storici di prima grandezza: da Napoleone (che i suoi generali consideravano «negato per le strategie di guerra») al nostro conte Benso di Cavour (che le malelingue giudicavano più bravo come sciupafemmine che come diplomatico).
Se poi vogliamo buttarla sul ridere, possiamo citare anche gli esordi in «salita» di Rocco Siffredi (orgoglio nazionale nella dura gavetta del pornostar) che, nella sua autobiografia, ricorda le porte sbattute in faccia da produttori di film sporcaccioni che - incredibilmente - erano rimasti indifferenti dinanzi al suo enorme talento. Errore imperdonabile, considerato che oggi - all’alba dei 47 anni - Rocco rimane ancora nel suo delicato settore l’indiscusso numero uno.
Ma a volte le bocciature delle future star non sempre sono da stigmatizzare.

Per trovare conferme, basta dare un’occhiata all’archivio della trasmissione tv «Meteore» dove si può assistere - non senza imbarazzo - ai provini-choc di «star» come Ilary Blasi, Elisabetta Gregoracci, Simona Ventura, Manuela Arcuri e via velinando per rendersi conto che i consigli di «lasciar perdere» erano più che giustificati. Ma loro invece no, hanno voluto continuare.
Peggio per noi...

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