I silenzi sulla crisi demografica mondiale

Le feste della famiglia o dei genitori o dei bambini, che in diversi Paesi dell’Asia cadono nel mese di maggio, stanno in queste settimane diventando anche occasione per riflettere sulla crisi demografica ormai in atto pure nel continente dove vive il grosso della popolazione del globo. Mentre infatti in Europa all’uomo della strada si continua a far credere che sul mondo incombe la minaccia di una crisi demografica per sovrappopolamento, in realtà il rischio che corriamo è l’opposto. Diversamente da quanto pretende un certo ambientalismo ideologico (che in realtà ha ben poco a che vedere con l’autentica tutela dell’ambiente) sul mondo incombe infatti il pericolo di una crisi demografica per spopolamento, la cui prima drammatica tappa sarebbe la crescita della percentuale di anziani fino alla soglia oltre la quale la popolazione attiva non sarebbe più in grado di garantirne la cura e il sostentamento. Con il suo determinante peso di Paese più popoloso del globo la Cina, dove tale percentuale cresce in modo preoccupante, già da sola basterebbe a mutare il quadro. Dalle cifre venute alla ribalta in queste settimane risulta però che il fenomeno riguarda più o meno allo stesso modo molti altri Paesi asiatici, anche diversi sia per cultura che per grado di sviluppo. Nella Corea del Sud si lamenta che nel 2005 le nascite sono diminuite dell’8 per cento rispetto al 2004. Quarant’anni fa le donne coreane mettevano al mondo in media sei figli; oggi non solo molte non si sposano, ma quelle che si sposano spesso non vanno oltre il figlio unico.
Anche nelle Filippine, l’unico importante Paese asiatico a maggioranza cattolica, il crollo della natalità è consistente. Per questa domenica 14 maggio, festa della mamma, l’arcidiocesi di Manila ha proposto una speciale preghiera per la maternità e per la vita. I governi e il mondo politico in genere reagiscono a tale crisi con proposte e con iniziative di sostegno economico e sociale alla natalità, ma è chiaro che tutto ciò, pur essendo necessario, non è sufficiente. La scelta di avere o di non avere figli ha all’origine motivazioni che vanno anche oltre i pur reali problemi economici e organizzativi che ne derivano.
A tutto questo fa riscontro un fatto che per gran parte del pubblico europeo è come se fosse segreto: si tratta dell’ormai pluridecennale boom demografico degli Stati Uniti, oggi il terzo Paese più popoloso del mondo dopo la Cina e l’India. Dal 1968 a oggi gli americani sono passati da 196 a oltre 288 milioni. E non è affatto vero che la spinta alla crescita demografica venga solo dai neri, dai latino-americani e dagli asiatici. Questi, molto più presenti nei film che nella realtà, oggi sono soltanto rispettivamente il 12,3, il 5,4 e il 3,6 per cento degli abitanti degli Usa.

Perché il mondo de «la rosa nel pugno», ossia la vera razza padrona della stampa e della cultura italiana, non smette di stimolare il timore del sovrappopolamento mondiale, e non comunica né commenta il dato demografico americano? Ecco un bel tema per qualche «Porta a porta» o simili.

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