I talebani: «Vi abbiamo colpito ma non perché siete italiani»

Si fa chiamare Doctor Hanif, spiega che noi non eravamo un obiettivo in particolare, si vanta di aver agito «senza aiuti di Al Qaida» e giura: «Possiamo uccidere con ogni arma»

e Fausto Biloslavo

«Grazie ad Allah abbiamo avuto ancora una volta l’onore di colpire gli infedeli e di uccidere due soldati, nel distretto di Mosawi, con un ordigno comandato a distanza» spiega al telefono a il Giornale il portavoce dei talebani in Afghanistan, Mohammed Hanif, riferendosi all’attentato di venerdì contro una pattuglia di militari italiani. Dopo l’arresto del precedente portavoce, catturato in Pakistan ed estradato a Kabul, il suo successore è molto più attento e veloce nelle telefonate. Ci concede solo cinque domande e vuole parlare direttamente solo con afghani o arabi, non con stranieri per di più occidentali. Inoltre si fa chiamare Doctor Hanif per sottolineare che è una persona acculturata e di rango.
Il portavoce talebano conferma la paternità dell’attacco, già rivendicato nelle prime ore susseguenti l’attentato e ammette che gli italiani non erano un obiettivo in particolare: «Per noi gli infedeli sono infedeli. Fino a quando saranno alleati degli americani rimarranno nostri nemici». Inoltre ci tiene a sottolineare, con orgoglio, che gli ultimi attacchi rivendicati dai talebani, compreso quello contro gli italiani, sono stati realizzati senza l’aiuto «dei combattenti di Al Qaida o altri arabi».
Le dichiarazioni del portavoce del mullah Mohammed Omar, il leader guercio dei talebani, vanno prese con la dovuta cautela essendo sempre mescolate da una buona dose di propaganda. Le avvisaglie di una recrudescenza degli attacchi, però, erano nell’aria da tempo. Parlando al telefono satellitare a un giornale britannico sempre Hanif aveva minacciato che le «nostre attività aumenteranno di giorno in giorno. Trasformeremo l’Afghanistan in un fiume di sangue per i soldati inglesi». Il riferimento era all’espansione della missione Nato nel sud del Paese, zona ancora infestata dai resti dei talebani e di al Qaida, dove gli inglesi stanno inviando 3.300 uomini. Non solo: l’avvertimento è uscito il 4 maggio, il giorno in cui il generale Mauro Del Vecchio, comandante italiano della Nato in Afghanistan per nove mesi, passava ufficialmente le consegne al suo successore britannico.
Un giorno dopo è stata attaccata la pattuglia italiana. Un’imboscata esplosiva avvenuta in una zona tutt’altro che tranquilla, secondo Hanif. «L’area è sotto la maggiore influenza di Hekmatyar (un vecchio signore della guerra afghano alleato dei talebani e di Al Qaida, nda) ­ spiega il portavoce talebano ­. Per noi qualunque gruppo voglia combattere l’America e la sua alleanza di infedeli è benvenuto. Questo è un importante successo della guerra santa. Nella regione dove è avvenuto l’attentato sono dispiegati i combattenti dell’Hezb i Islami (il vecchio partito integralista di Hekmatyar fin dai tempi della lotta contro gli invasori sovietici, nda), e presto annunceranno altri successi attraverso i loro capi».
La polizia afghana ha annunciato l’arresto di quattro persone, legate all’attentato contro gli italiani, anche se poi non è arrivata alcuna conferma o ulteriori informazioni. «No, la gente che hanno preso non fa parte dei talebani ­ commenta ironicamente Doctor Hanif ­. Sono dei locali che non hanno alcun collegamento con il nostro movimento».
Hanif coglie l’occasione per rivendicare anche il presunto abbattimento di un elicottero CH 47 americano nella provincia di Kunar, vicino al confine pachistano. «I combattenti dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, con i nuovi missili moderni di cui disponiamo sono riusciti ad abbatterlo. È stato colpito nell’area di Asadabad, ma non sappiamo dove sia poi precipitato» annuncia trionfante il portavoce talebano. Gli americani hanno confermato che i dieci militari a bordo sono tutti morti, smentendo in parte l’abbattimento che non sarebbe dovuto «direttamente a fuoco nemico». Spesso i talebani hanno spacciato incidenti aerei per loro gloriose azioni militari, ma ultimamente non mentivano sull’acquisizione di nuove armi.

Il sospetto è che i loro arsenali si trovino nella vicina regione tribale pachistana abitata da pasthun, il serbatoio etnico dei talebani. «Non chiedetemi una risposta precisa ­ conclude Hanif ­. Ma posso dirvi che da queste parti esiste un mercato libero delle armi al quale abbiamo accesso. E intendo ogni tipo di arma».

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