Dopo lattentato di una settimana fa, lo avevano preannunciato: «Colpiremo di nuovo». Ora, i terroristi uiguri, quelli che combattono contro il regime cinese per lautonomia della regione dello Xinjiang, hanno mantenuto la promessa, con due nuove azioni a Kuqa, 400mila abitanti a 3mila chilometri da Pechino. Dopo aver fatto tremare di nuovo la regione con altre esplosioni, puntano ancora più in alto. «Il nostro prossimo obiettivo sono i Giochi» dicevano nel video mandato per rivendicare lattentato del 4 agosto.
Il bilancio dellattentato di sabato notte, intanto, si è gonfiato di ora in ora, facendo salire il conto dei morti fino a 11. Questa volta, però, è andata male soprattutto ai commando terroristici: dieci delle vittime, infatti, sarebbero da contare fra gli attentatori, che prima hanno attaccato una caserma della polizia. Solo un poliziotto sarebbe morto nellattentato dinamitardo: i terroristi del partito islamico del Turkestan hanno prima fatto detonare dellesplosivo contro la caserma e poi hanno aperto il fuoco sugli agenti cinesi, che hanno risposto al fuoco. Poi, un altro gruppo di terroristi è stato intercettato in un affollato mercato e è iniziato uno scontro a fuoco con i poliziotti cinesi. Solo cinque attentatori sono riusciti a scappare, secondo le informazioni diffuse dellagenzia ufficiale Xinhua, mentre sarebbero stati feriti - pare gravemente - due civili e altri due poliziotti. Un bilancio meno impressionante dellultimo attentato ma comunque considerevole.
Per il Bocog, il potente Comitato organizzatore olimpico cinese, questi attentati «non hanno nulla a che fare con i Giochi e non avranno alcuna influenza sulle gare e sul clima olimpico». Gli attentatori, che hanno annunciato di puntare a Pechino, non sembrano pensarla così: nella regione, sempre turbolenta, non cerano mai stati così tanti attacchi e non si era mai respirata unatmosfera così dura.
E intanto nella capitale cinese continuano a imperversare gli attivisti pro-Tibet che, dopo la clamorosa azione di sabato, sono tornati a manifestare a piazza Tienammen. Altri cinque membri dellassociazione Students for Tibet sono riusciti a esporre, per qualche minuto, una bandiera nella piazza simbolo della repressione.
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