Ieri negozi chiusi, il Primo maggio serrande alzate

I commercianti plaudono alla deroga concessa dal Comune: «Non tenere aperto domenica sarebbe stata un’occasione persa». Critici i sindacati: «Un sintomo del degrado delle istituzioni». L’assessore Terzi: «Il Comune è attento alle esigenze del lavoro»

Passi per la chiusura a Pasqua e Pasquetta. Ma i negozianti chiedono almeno di lavorare il primo maggio. È vero che è domenica, è vero che è la festa dei lavoratori, ma la città sarà piena di turisti e di fedeli che assisteranno, in piazza Duomo, alla diretta con piazza San Pietro per la beatificazione di papa Wojtyla. Non solo, ci saranno iniziative in centro e sui Navigli, con NavigaMi. «Non tenere aperto sarebbe un’occasione persa» dicono a gran voce i commerciati. Eppure i sindacati si ostinano a bocciare l’apertura («È un grave allarme per il degrado delle responsabilità istituzionali»): proprio loro, che dovrebbero difendere l’interesse dei lavoratori, scelgono di dare più importanza a una festività sul calendario che all’effettivo bisogno di lavorare. E sostengono che non è una singola giornata di lavoro a cambiare le sorti dei bilanci di fine anno. Vero, ma un giorno di lavoro in più «è una possibilità che sarebbe un peccato non consentire». Parola dell’assessore alle Attività produttive Giovanni Terzi.
Quindi Milano darà la possibilità ai commercianti di lavorare. Nei prossimi giorni verrà formalizzata la deroga per il Primo maggio. In sostanza, chi vorrà lavorare potrà farlo senza divieti. Terzi ricalca le parole del vicepresidente vicario di Fipe Confcommercio, Aldo Cursano, che ha indicato la necessità «di dare risposte concrete in questo periodo di difficile congiuntura economica». «Lo ringrazio - interviene l’assessore - perché considera puerile attaccare gli amministratori attenti all’emergenza lavoro. Vale per Milano come per le altre città italiane che intendono perseguire questa linea politica basata su un autentico riformismo al di là delle bandiere e dei colori politici». Milano lavorerà, come anche Firenze e Torino, che hanno già concesso le deroghe.
«I tempi delle festività sono superati - sostiene Giorgio Montingelli, in rappresentanza dell’Unione del Commercio - Chi vuole lavorare deve poter farlo, almeno nelle città frequentate dai turisti. Se Milano vuole essere realmente una città internazionale, allora deve fare questo passo, soprattutto in vista di Expo». Montingelli ha solo un rammarico: non aver potuto lavorare ieri, nel lunedì di Pasquetta, quando in città si sono riversate centinaia di persone per partecipare al corteo per la Liberazione. «Capisco la chiusura a Pasqua - sostiene -, siano rispettati pure il Natale, Santo Stefano e le principali festività cristiane. Ma Pasquetta e il primo maggio, no. Si deve poter lavorare anche in quei giorni».
Edoardo Croci, presidente del comitato promotore del referendum per la qualità della vita Milanosimuove, propone di rivedere il calendario delle chiusure dei negozi e gli orari di apertura. «Bisogna ripensare i tempi e gli orari della città in funzione delle esigenze di chi lavora - sostiene - Le conseguenze sarebbero positive sia sull’economia della città che sul traffico e l’ambiente perché diminuirebbero le fasce di punta.

In una città come New York la flessibilità degli orari consente ai consumatori di soddisfare le proprie esigenze di consumo a qualsiasi ora e agli esercenti di tener conto delle proprie esigenze personali e sociali (gli ebrei ortodossi ad esempio tengono chiuso il sabato e aperta la domenica)».

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