Inchiesta G8, i pm: "A Bertolaso soldi e sesso per appalti"

I pm di Perugia nell’avviso di conclusione dell'indagine: Guido Bertolaso, nella sua qualità di capo Dipartimento della Protezione Civile, avrebbe compiuto "scelte economicamente svantaggiose per la Pubblica amministrazione" ricavandone "favori e utilità" di vario genere

Perugia - Guido Bertolaso, nella sua qualità di capo Dipartimento della Protezione Civile, avrebbe compiuto "scelte economicamente svantaggiose per la Pubblica amministrazione" ricavandone "favori e utilità" di vario genere. È quanto scrivono i pubblici ministeri perugini nell’avviso di conclusione indagine inviato agli indagati per l’inchiesta sugli appalti del G8. Nelle 23 pagine del provvedimento, a Bertolaso viene contestata la corruzione assieme a Diego Anemone.

Secondo la procura, l’ex capo della protezione civile, «nel compiere atti contrari al proprio ufficio, connessi all’affidamento ed alla gestione degli appalti, illegittimamente favoriva l’imprenditore edile Diego Anemone, interessato all’aggiudicazione degli appalti gestiti dalla struttura di missione incardinata presso il Dipartimento» per lo sviluppo e la competitività del turismo della presidenza del consiglio dei ministri. In particolare, i pm contestano tre appalti, tutti a La Maddalena: quello per la realizzazione «del palazzo della conferenza e area delegati», quello per la costruzione della «residenza dell’Arsenale» e quello per «l’area stampa e servizi di supporto».

«Il pubblico ufficiale Guido Bertolaso, da solo o in concorso di volta in volta con altri soggetti - scrivono i magistrati - compiva scelte economicamente svantaggiose per la Pubblica Amministrazione e favorevoli al privato, illegittimamente operava e consentiva, nella sua posizione di vertice, che i funzionari sottoposti operassero affinchè le imprese facenti capo a Diego Anemone (da solo o in Ati con altre facenti parte del medesimo gruppo) risultassero aggiudicatarie degli appalti e consentiva che il costo dell’appalto a carico della Pa aumentasse considerevolmente rispetto a quello del bando, anche mediante l’approvazione di atti aggiuntivi successivi e a fronte di spese incongrue o meramente eccessive, al solo scopo di favorire stabilmente il privato imprenditore appaltatore, agli interessi del quale poneva stabilmente la propria funzione pubblica recependone continuativamente favori ed utilità di vario genere»

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