Increduli i vicini di casa del figlio d’arte: «Ammirava il padre, però sembrava diverso»

La descrizione dell’uomo della strada o del vicino di casa stride con quella che emerge dalle accuse di partecipazione a banda armata. «Il signor Morlacchi? È un tipo alto, magro, molto allegro, saluta sempre e parla volentieri con tutti, senza problemi. Quando stamattina i poliziotti sono venuti a prendere la sua compagna, be’, solo allora ho capito che era successo qualcosa di grave. Altri residenti mi hanno detto che lui era stato arrestato qualche ora prima, all’alba. E lei è tornata a casa più tardi, ma poi è sparita di nuovo. Ma è vero che in questura lo hanno interrogato per 5 ore?».
Robert N., 56 anni, cingalese, da 5 anni è il portinaio dello stabile Aler di via Gola 7 - un casermone rosso di quattro piani, sei scale e abitato da 80 famiglie, molte straniere - dove fino a ieri mattina abitava Manolo Morlacchi, 39 anni, il figlio dell’ormai defunto Pierino, brigatista della prima ora, residente al Giambellino e «compagno di lotta» di Mario Moretti, Renato Curcio e Mara Cagol.
«Lo vedevamo uscire tutte le mattine tra le 8 e le 8.30 - spiegano i vicini -. Poi al bar qui all’angolo. Un caffè, quattro chiacchiere...Un brigatista? Bah, sembra impossibile. Sapevamo che su suo padre aveva scritto la tesi di laurea e un libro, lo diceva senza problemi che l’ammirava. Ma niente di più». «Lo abbiamo arrestato perché era molto pericoloso.- ribattono gli investigatori -.

Dopo la perquisizione dell’appartamento di via Gola a giugno, in seguito al quale Morlacchi era stato semplicemente indagato, in questi mesi lo abbiamo tenuto d’occhio e la sua posizione si è aggravata al punto che i magistrati hanno rivalutato i provvedimenti a suo carico. Le sue non erano semplici simpatie: dalle intercettazioni emerge che aveva intrapreso un vero e proprio percorso verso la lotta armata».

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