È la fine di un incubo: la nave Savina Caylyn ieri è stata liberata e i cinque italiani a bordo della petroliera passeranno il Natale a casa. I ventidue membri dellequipaggio dellimbarcazione che batteva bandiera italiana hanno trascorso undici mesi prigionieri dei pirati somali.
Secondo il sito Somalia report sarebbe stato determinante per la liberazione della nave il pagamento di un riscatto versato in due tranche: 8,5 milioni di dollari la prima, 3 milioni la seconda. Ma una nota della Farnesina fa sapere che il governo italiano non solo ha «evitato qualsiasi azione di tipo militare» per garantire la sicurezza dei cinque italiani, ma non hai nemmeno «mai contemplato» lipotesi di una «trattativa con i pirati» o il «pagamento di riscatti» per la liberazione della nave.
Adesso Giuseppe Lubrano Lavadera, Crescenzo Guardascione, Gianmaria Cesaro, Antonio Verrecchia, ed Eugenio Bon, sono pronti a tornare a casa per gettarsi alle spalle la terribile avventura iniziata l8 febbraio: lattacco alla nave della società armatrice DAmato avvenne alle 5.30 - ora italiana - mentre era in navigazione nellOceano Indiano con a bordo i cinque italiani e diciassette indiani. Più di dieci lunghi mesi di angoscia e di trepidazione. Unattesa lunghissima anche per i familiari degli ostaggi che non hanno mai smesso di sollecitare la liberazione. Ad attaccare la nave sono stati cinque pirati, a bordo di un barchino. La nave, che nel frattempo ha proseguito la navigazione verso le coste somale, è stata costantemente monitorata dai satelliti italiani del programma Cosmo SkyMed e lo scorso 16 maggio è stata avanzata la prima richiesta di riscatto.
Poi lunghi mesi di silenzio seguiti dagli appelli lanciati sui giornali a far presto. Il presidente del Consiglio Mario Monti appresa la notizia della liberazione si è detto «vicino ai marinai italiani rilasciati, e alle loro famiglie, per la dura prova che hanno dovuto sopportare».
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