Incubo giustizia a Milano: un mal di schiena "costa" cinque mesi ai domiciliari

Un carabiniere ha avuto la vita sconvolta per una telefonata mal interpretata. Un massaggio alla schiena malata è sembrato agli investigatori tutt’altro e l’uomo è stato accusato di sfruttare delle prostitute. L’assoluzione arriva dopo un anno di tormenti

Incubo giustizia a Milano:  
un mal di schiena "costa"  
cinque mesi ai domiciliari

Un impianto accusatorio basato sul testo di un’unica, stringatissima telefonata. Nessun riscontro oggettivo supportato da una qualsiasi attività investigativa. Niente di niente. Decisamente poco per infangare la reputazione di un uomo perbene, metterlo per 5 mesi agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e farlo sospendere dal servizio. Eppure è proprio quello che è successo al signor M., 49 anni, brigadiere dei carabinieri, residente nell’hinterland con la moglie e il figlio. Un uomo che il 30 settembre 2010 è stato riconosciuto totalmente innocente e assolto dal gip di Monza Anna Magelli, nonché reintegrato in servizio. Ma che ha passato le pene dell’inferno, insieme al suo avvocato Lucia Lucentini, per dimostrare di non aver mai commesso il reato di cui era accusato. La sua unica colpa? Soffrire di una patologia cronica radico cervicale e lombosacrale, peraltro regolarmente diagnosticatagli. Un disturbo che lo obbliga a sottoporsi a sedute di massaggi.

L’indagine svolta dai suoi colleghi di Verbania, infatti, parte nel 2009 e riguarda proprio i centri massaggi gestiti da una donna cinese, Chen X., meglio conosciuta con il nome di Alessandra. Un’attività lecita dietro la quale se ne nascondeva un’altra illecita: nei centri, infatti, dopo aver praticato un vero e proprio massaggio terapeutico, quello cinese, le ragazze ne proponevano ai clienti più assidui uno di tutt’altro tenore, quello thailandese. Che, come si può immaginare, andava per la maggiore.

Alessandra, però, non è una stupida. Sa che il signor M. è un carabiniere e, quando l’uomo si presenta nel suo centro di Seregno per informarsi sui massaggi, ben si guarda dal proporgli il massaggio ad alto tasso erotico. Anzi: è lei stessa a praticargli il massaggio cinese.

Un brutto giorno, però, il brigadiere chiama la donna che gli dice di non poterlo ricevere. «Non ci sarò quel giorno signor M., mi spiace». Lui vorrebbe accordarsi per un altra settimana, ma la cinese, che è un’affarista nata, non vuole perdere il cliente. «Signor M., aspetti - gli dice -. Perché non fa il massaggio con una delle mie ragazze? È brava, sa? E se lei accetta stavolta le faccio un omaggio: sarà gratis. Le chiedo se è libera il tal giorno». Alessandra allontana l’apparecchio e chiama la sua dipendente. «Devi fare il massaggio cinese a un mio cliente - ordina alla giovane -. Mi raccomando: non proporgli quello thailandese: il signore è dei carabinieri». Le due donne si accordano e il brigadiere saluta dicendo che darà una mancia alla ragazza.

La telefonata viene intercettata: l’apparecchio del centro di Seregno è controllato e ci sono pure dei microfoni ambientali. Nel negozio c’è perfsino una telecamera che riprende tutti i clienti durante i massaggi hard. Ma agli investigatori poco interessa se il brigadiere non viene mai immortalato in circostanze compromettenti: secondo loro quella telefonata basta a incastrarlo. Sia come frequentatore di prostitute sia come complice della cinese dalla quale percepirebbe addirittura del denaro (mai trovato) per evitarle controlli e noie.

E le immagini? Perché tutti gli altri accusati sono stati ripresi e il brigadiere no? «Sarà andato a farsi massaggiare al piano superiore del centro, dove non abbiamo messo telecamere» rispondono gli investigatori.

«Peccato che il negozio sia su un unico piano e che non ne esistano altri» ci fa notare scuotendo la testa l’avvocato Lucentini. Che adesso, dopo l’assoluzione, chiederà l’indennizzo per l’ingiusta detenzione dello sfortunato brigadiere.

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