Indagini concluse sui 22 indagati E Bertolaso rischia il rinvio a giudizio

Mentre il caso Ruby infuria, altri venti giudiziari soffiano con forza dall’Umbria. La procura di Perugia è pronta a chiedere il rinvio a giudizio per la «cricca». Ieri sono partiti gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari per i 22 indagati nel filone perugino dell’inchiesta sugli appalti del G8 e degli altri «grandi eventi». Tra questi, oltre all’imprenditore Diego Anemone e all’ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci, anche l’ex «Mister Emergenza», Guido Bertolaso, e l’ex aggiunto della procura di Roma Achille Toro. Nemmeno nominato, invece, l’ex ministro Claudio Scajola.
Invece l’avviso di chiusura indagini si concentra anche sull’ex numero uno della Protezione civile, sostenendo che abbia «illegittimamente» favorito Anemone, compiendo «atti contrari al proprio ufficio» per assegnare all’imprenditore tre appalti (quarto, quinto e sesto lotto) alla Maddalena. Bertolaso avrebbe dunque operato «scelte svantaggiose» per la pubblica amministrazione, sia favorendo l’assegnazione di appalti ad Anemone che, in seguito, consentendo che «il costo dell’appalto» lievitasse rispetto al bando, «al solo scopo di favorire stabilmente» l’imprenditore, dal quale, in cambio, riceveva «continuativamente favori e utilità». Proprio l’elenco dei «favori» che Bertolaso secondo i pm umbri avrebbe ottenuto in cambio della corsia preferenziale riservata ad Anemone negli appalti del G8 si scontra in pieno con le dichiarazioni di mister Emergenza e dei suoi legali. Il primo «benefit» contestato all’ex capo della Protezione civile è la «celebre» casa di via Giulia. Bertolaso spiegò ai pm di aver ottenuto l’uso dell’appartamento nel 2003 grazie all’interessamento del cardinale Crescenzio Sepe (indagato con l’ex ministro Lunardi, sempre a Perugia, in un’inchiesta collegata), e tramite un collaboratore di Propaganda Fide, Francesco Silvano, e di aver lasciato casa nel 2004. Per la procura, invece, a pagare l’affitto era Anemone tramite l’architetto Zampolini, e Bertolaso ne avrebbe avuto la disponibilità fino ad aprile 2007. Ma secondo i pm Bertolaso avrebbe anche ricevuto 50mila euro, «consegnati brevi manu da Diego Anemone il 23 settembre 2008». Si tratta dei soldi che Anemone, intercettato, il giorno prima chiedeva con insistenza a don Evaldo Biasini, «don Bancomat», in vista di un incontro con Bertolaso. Nelle carte finora non c’era traccia del passaggio di mano di quella somma, ma i magistrati mettono in conto all’ex capo della Protezione civile pure quei contanti.

Come anche i «benefit» che Bertolaso avrebbe ricevuto al Salaria Sport Village. Una serata a luci rosse con la brasiliana Monica e i massaggi con Francesca Muto. Ma l’ex sottosegretario nega la parentesi hard. E quanto ai massaggi, sostiene di averli regolarmente pagati.
GMC-MMO

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