Cronaca locale

Un’infelice Cenerentola

Se Cenerentola continua a essere il sogno più ambito oltre che ampiamente autorizzato dalla cronaca rosa, il nome di Nureyev continua a essere la chance delle chance. Un suono magico. Da vivo e da morto. Da ballerino e da coreografo. Proposto in carne e ossa e nel ricordo formato Dvd. Addirittura nel feticismo di alcuni costumi di scena appesi malinconici da manichini in memoria. Era uno di quelli che ti riempiono la vita, che le danno un senso anche quando lei, la vita, non troverebbe nulla di cui gioire. Aveva tanti amori. Il più irrinunciabile il balletto. Una passione proibita, un'arte affrontata solo a 17 anni. Quello visto al Kirov scappando la sera dalla scuola dove stava studiando. Quello frequentato poi per tutta la vita. Anche quando non ce la faceva più. Non è certo un caso se Rudy è praticamente morto tra le braccia di Raymonda, l'ultimo dei classici «ripresi». Già, perché oltre a ballarli, lui i classici li rileggeva. Spesso in chiave psicanalitica. Cenerentola è la sua lettura meno felice. Ma anche lei esaurisce la Scala e merita il plauso generale. La Cendrillon di Nureyev nasce nell'86 all'Opéra di Parigi. Arriva al San Carlo di Napoli nel '91 e alla Scala nel '98. Postuma. Rudy se ne va il 6 gennaio del '93. Noi abbiamo fatto in tempo a vederla a Napoli. Con lui, che s'era ritagliato il ruolo del produttore, infagottato dentro giubbotto, berretto, occhialoni. Si trattava di un vero e proprio remake. Forse sull'onda della nouvelle danse (il moderno era un'altra delle sue curiosità ) che aveva appena consegnato i bambolotti di Maguy Marin. Forse sul filo del tempo che fugge: leitmotiv dell'eroina di Perrault. Ma anche di anni che ormai negano i panni del principe. E soprattutto contano i giorni della vita. Rudy è malato e lo sa. Per questa Cenerentola la meta dell'eroina non è la reggia ma Hollywood. Forse perché Nureyev, che abbiamo anche visto direttore d'orchestra, vede nella celluloide un possibile futuro? Così, ferme restando sorellastre e matrigna, la fata buona diventa un produttore e l'amore una vedette cinematografica. L'ambientazione di Patrika Ionesco era e resta greve. Con il suo maga-loft, le sue girl in short, le thaitiane ancheggianti, il gorilla di King Kong, la citazione di Groucho Marx. Se la poesia ha poco spazio, tutto consegnato alla protagonista (bellissimo il suo tip tap con l'attaccapanni), la coreografia mette a durissima prova i ballerini. Qui più che altrove infatti le concatenazioni di passi sono interrotte, riempite di «abbellimenti», tours da destra a sinistra e da sinistra a destra, idee interrotte a metà strada. Insomma, l'operazione Cenerentola, che non s'è mai rivelata felice, non si riscatta. Gli scaligeri fanno quello che possono. Poco. Si fanno notare per aplomb Mick Zeni, un Produttore tutto diverso dall'originale, il Primo Attore Robert Tewsley, ospite di bella classe e tecnica corretta. Beatrice Carbone e Gilda Gelati, la sorellastre. Magnifica Marta Romagna. Che declina le lunghe linee del suo corpo con grande perfezione, eleganza e espressività. Discutibile il personaggio della matrigna en travesti. Un Riccardo Massimi più simile a Luxuria che a un omaccione che si finge donna. La bella musica di Prokofiev esce dalla buca con la malavoglia di sempre quando si tratta di danza.

Mentre David Coleman cerca di contagiare l'entusiasmo che sa e può.

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