Innovazione, il bilancio di Prodi è in rosso

Lucio Stanca*

Sei mesi fa, il 22 maggio, Romano Prodi presentava il programma del nuovo governo alla Camera dichiarando che «oggi vince chi riesce a restare sulle frontiere dell’innovazione. Un’innovazione fatta di ricerca, di scuola, di università e che trova la propria condizione di successo in una grande capacità organizzativa». Avendo sempre operato, nel mondo delle imprese e nelle istituzioni, per promuovere l’innovazione tecnologica ho dato attenzione a questo auspicio, ma prevedendo già allora che tale sarebbe rimasto. Il primo bilancio «semestrale» di questo Governo sul fronte della politica dell’innovazione tecnologica è infatti assolutamente negativo. In questi mesi non è stato promosso alcun nuovo provvedimento per avanzare sulla frontiera dell'innovazione e in particolare delle moderne tecnologie digitali. Questo malgrado l’eredità lasciata dal precedente governo di iniziative diffuse a livello centrale e locale, di norme e istituzioni dedicate, oltre a una serie di agevolazioni che non ha avuto eguali in Europa. Nonostante tale capitale, apprezzato a suo tempo anche da diversi esponenti dell’attuale maggioranza, molti programmi da me avviati come ministro e integralmente finanziati sono stati inspiegabilmente interrotti dall’attuale governo che esprime, anche in questo caso, la sua patologica volontà di «rompere» con ogni indirizzo del passato.
Prodi segnalava che «l’innovazione trova la propria condizione di successo in una grande capacità organizzativa»: e qui la situazione è grave e paradossale. Questo governo ha voluto accoppiare il dicastero dell’Innovazione tecnologica con quello della Funzione pubblica con la conseguenza di orientare la politica di innovazione tecnologica prevalentemente o, peggio ancora, esclusivamente all’ammodernamento della pubblica amministrazione. Ci saremmo aspettati dunque, almeno in questo ambito, un’azione ben coordinata e focalizzata. Niente di tutto ciò. Prova ne è che negli ultimi due mesi sono state costituite due diverse Commissioni permanenti per l’Innovazione: la prima rivolta a Regioni ed Enti locali presieduta dal ministro Lanzillotta e l’altra rivolta alle pubbliche amministrazioni centrali presieduta da Beatrice Magnolfi, sottosegretario al ministero per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica amministrazione. Entrambi gli organismi sono previsti nel Codice dell’Amministrazione digitale che ho promosso nella scorsa legislatura. Una corretta architettura organizzativa avrebbe inserito entrambe le Commissioni sotto la regia e il coordinamento di un unico ministro che potesse in tal modo promuovere le necessarie sinergie tra tutte le amministrazioni dello Stato, fra centro e periferia. Ecco un’altra «bugia» del programma di Prodi quando affermava la necessità di «ricongiungere Funzione pubblica e Innovazione tecnologica per ricomporre la frattura tra gli aspetti organizzativo-funzionali e quelli tecnologici»: se una frattura esiste è quella che oggi si è generata e che ho appena illustrato con un esempio.
Questa schizofrenia istituzionale, la divisione di grandi temi trasversali come l’innovazione in «piccoli orticelli», avviene anche in altri casi. Ad esempio nei diversi fondi che la legge finanziaria istituisce. È il caso del «Fondo per la competitività e lo sviluppo» con una responsabilità concentrata nelle mani del ministro Bersani e che ha provocato la preoccupazione dell’onorevole Nicola Rossi (Ds) «per l’allarmante discrezionalità delle procedure decisionali». È il caso, ancora, del «Fondo per gli investimenti della ricerca scientifica e tecnologica» le cui modalità di gestione sono stabilite dal ministro Mussi senza il concorso di altri ministeri e degli enti locali e soprattutto del ministero dell’Innovazione.
Ultimo contributo a questo bilancio in rosso è l’assenza di nuovi e specifici programmi per l’innovazione tecnologica digitale nella Finanziaria a parte un davvero misero stanziamento di soli 30 milioni di euro per il prossimo triennio a favore di progetti per la società dell’informazione.

Tutto ciò avviene nel silenzio assordante dell’industria italiana che, sul tema dell’Innovazione tecnologica, in passato si è sempre battuta e deve continuare la propria battaglia perché è anche quella del futuro del nostro Paese.
*Senatore di Forza Italia

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