
Adriana Bonifacino, responsabile Senologia Diagnostica e Terapeurica IDI-IRCCS Roma e fondatrice di Fondazione IncontraDonna, racconta l’importanza della diagnosi precoce, di stili di vita, di empatia nel rapporto paziente-medico. Ma anche di innovazione farmacologica, di come contrastare le fake news in campo medico e di un progetto/ percorso innovativo che porta la prevenzione su tutti i treni d’Italia, con medici a bordo che offrono visite e consulenze oncologiche – ma non solo – direttamente ai passeggeri. Un progetto che è stato premiato tre volte con la medaglia del Presidente della Repubblica.
Professoressa, qual è stata la scintilla che l’ha portata a dedicarsi con tanta passione alla prevenzione e alla cura del tumore al seno?
"La scintilla è nata moltissimi anni fa, proprio all’inizio della mia professione, alla fine degli anni Settanta. All’epoca di prevenzione si parlava pochissimo: gli screening mammografici erano ancora poco diffusi, così come quelli per il colon-retto e per l’HPV. Con il tempo la prevenzione è cresciuta, ma già da giovane medico ho capito che rappresentava la chiave per evitare malattie e problemi gravi. Per questo ho deciso di dedicarmi a spingere con forza in questa direzione".
Quali sono i comportamenti quotidiani più semplici ed efficaci che una donna – o anche un uomo – può adottare?
"Innanzitutto quelli legati alla prevenzione primaria, cioè agli stili di vita. L’attenzione all’alimentazione e la regolare attività fisica sono due principi fondamentali, validi per qualunque tipo di patologia: cardiovascolare, oncologica, autoimmune o metabolica. A questo si aggiunge l’importanza di non fumare, limitare l’alcol e non dimenticare le vaccinazioni, che hanno un ruolo cruciale. Sono queste le basi più solide per la prevenzione".
Quanto è importante la diagnosi precoce e quali sono i principali strumenti a disposizione delle donne per ottenerla in tempo?
Lo screening mammografico è lo strumento cardine: in Italia viene offerto alle donne tra i 50 e i 69 anni. Non basta, però: noi dobbiamo promuoverlo e ampliarlo, come chiedono le linee guida europee, alla fascia compresa tra i 45 e i 74 anni. Ci sono poi donne oltre i 74 anni che si ammalano di tumore al seno, così come ragazze sotto i 45 che possono correre rischi. Serve quindi molta educazione e formazione: bisogna spiegare cosa significa avere un seno denso e far capire che arrivare presto con la prevenzione vuol dire, nella maggior parte dei casi, avere la guarigione in tasca".
Il rapporto medico-paziente sta cambiando. Che ruolo gioca oggi l’ascolto e la vicinanza emotiva nella pratica clinica?
"Per fortuna il rapporto è cambiato molto negli ultimi anni. Oggi il medico deve essere empatico, guardare le persone negli occhi, sostenerle anche dal punto di vista emotivo e psicologico. Quando ci accorgiamo che i pazienti sono particolarmente fragili, dobbiamo offrire la possibilità della psiconcologia. Il ruolo del medico, quindi, non è più soltanto tecnico: richiede vicinanza, ascolto e comprensione. Ho molta fiducia nei giovani colleghi: nei loro percorsi di formazione universitaria stanno già apprendendo strumenti di comunicazione che a noi, della generazione più anziana, non sono stati insegnati".
Lei ha sempre promosso l’importanza dell’informazione corretta. Come contrastare le fake news in campo medico, soprattutto sui social?
"Questa è una domanda molto importante. Non è semplice per noi medici presidiare i social e controllare tutto quello che circola. Io cerco di fare il possibile, anche con la mia squadra della Fondazione, non tanto per contrastare direttamente le fake news, quanto per aiutare le persone a capire quali siano le fonti giuste e le strade corrette da percorrere. Le false notizie esistono, e a volte assumono la forma di veri e propri scoop, come l’annuncio della “molecola che guarisce tutti i tumori”. Bisogna essere cauti, verificare sempre le fonti e avere fiducia nella medicina ufficiale".
Quali sono le prospettive più promettenti in oncologia?
L’innovazione farmacologica è fondamentale. Oggi, solo per il tumore al seno, in Italia ci sono 38 mila donne con forme metastatiche che vivono, e in molti casi vivono con una buona qualità di vita, proprio grazie alle nuove terapie. Questo è un risultato straordinario della ricerca. Come Fondazione IncontraDonna stiamo per lanciare il nostro primo progetto affidato all’Istituto Pascale di Napoli, diretto dal professor Michelino De Laurentiis: un’iniziativa che vuole dimostrare quanto credere nella ricerca e sostenerla sia essenziale. Anche l’innovazione tecnologica fa la sua parte, soprattutto in senologia, con strumenti avanzati come la mammografia con mezzo di contrasto".
Le donne spesso si trovano a gestire malattia, famiglia e lavoro insieme. Quali strumenti possono aiutarle a non sentirsi sole in questo percorso?
"La rete ospedale-territorio deve diventare più efficace, come previsto anche dal PNRR. Questo significa abbattere muri, semplificare i percorsi e renderli più accessibili. La donna, infatti, riveste ancora un ruolo centrale nella famiglia, non solo come madre o moglie, ma anche come figlia che si prende cura dei genitori anziani. È fondamentale che le pazienti possano rivolgersi a centri di eccellenza, presenti in tutte le regioni, e che possano contare su percorsi di sostegno psicologico e psiconcologico. Questi strumenti esistono, anche se non sempre vengono utilizzati quanto dovrebbero, ed è compito anche degli oncologi promuoverli".
Guardando al futuro, quali sono i suoi prossimi obiettivi, sia personali che con la Fondazione IncontraDonna, per continuare a sostenere la prevenzione e le pazienti?
"Gli obiettivi sono due: sostenere la prevenzione e sostenere la ricerca. Come Fondazione stiamo lavorando su diversi progetti, tra cui il Frecciarosa 2025, in partenza il 1° ottobre. Si tratta di un percorso innovativo che porta la prevenzione su tutti i treni d’Italia, con medici a bordo che offrono visite e consulenze oncologiche – ma non solo – direttamente ai passeggeri.
Un progetto che è stato premiato tre volte con la medaglia del Presidente della Repubblica e che ci rende molto orgogliosi. La prevenzione va promossa non solo negli ospedali, ma soprattutto nei luoghi della vita quotidiana, dove le persone non pensano a sottoporsi a controlli ma possono essere sensibilizzate.