Alzheimer, una nuova terapia verso la cura della malattia

Ottimi e promettenti risultati da una nuova combinazione genica che potrebbe curare efficacemente il morbo di Alzheimer: ecco di cosa si tratta

Alzheimer, una nuova terapia verso la cura della malattia
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Si fanno sempre più importanti i passi avanti della ricerca per trovare una cura al terribile morbo di Alzheimer e qualche nuova speranza arriva dagli studiosi dell'Uk Dementia Research Institute presso l'Università di Cambridge che stanno sviluppando nuove terapie in grado di impedire l'accumulo delle proteine tau, principale causa della patologia, riuscendo perfino a rimuovere gli aggregati preesistenti.

Gli esperimenti per una nuova terapia

Per adesso gli esperimenti sono stati condotti sui topi di laboratorio ma con risultati eccellenti: quelli trattati con le nuove terapie hanno dimostrato una migliore funzionalità motoria. Nello specifico si tratta di una ricerca lunga 15 anni che fa leva sulla proteina antivirale TRIM21 contenente un dominio chiamato "RING", una particella nana che deriva da anticorpi grandi un decimo di quelli normalmente presenti negli anticorpi umani. La loro associazione consentirebbe la rimozione e degradazione delle proteine tau in un modo simile a quando gli anticorpi uccidono i virus responsabili di infezioni (raffreddore, virus respiratori, ecc.).

Cosa è la proteina "spazzina"

La proteina è soprannominata "spazzina" proprio perché in grado di raccogliere ed eliminare i pericolosi aggregati tau. Gli studiosi hanno inizialmente testato questa combinazione su linee cellulari e neuroni accorgendosi che veniva impedita l'aggregazione di nuove particelle, fondamentale per affrontare l'Alzheimer poiché queste unioni sono sempre rinnovate da nuove proteine tau. È significativa un'animazione virtuale pubblicata all'interno dello studio che mostra come viene ridotta sensibilmente l'aggregazione se trattata per oltre 20 ore. Gli esami di laboratorio hanno mostrato nettamente il miglioramento motorio dei topi rispetto al gruppo che ha utilizzato un placebo senza effetti apprezzabili.

Cosa cambia adesso per la cura della malattia

"Sebbene questo lavoro evidenzi la rimozione degli aggregati come un approccio terapeutico praticabile per trattare disturbi neurodegenerativi, è importante sottolineare che le terapie hanno mostrato efficacia solo in un modello murino di neurodegenerazione e che è necessario molto lavoro per produrre una terapia che possa curare gli esseri umani", spiegano gli scienziati frenando da facili entusiasmi.

Oltre a verificare sicurezza ed efficacia, i ricercatori devono anche capire i risultati della terapia nel cervello umano che necessita di una tecnologia di somministrazione genica all'avanguardia in fase ancora di sviluppo. La strada è tracciata, dunque, ma per realizzarla potrebbe servire ancora un po' di altro tempo.

Questa terribile malattia, purtroppo, potrebbe colpire addirittura una persona su tre soltanto nel Regno Unito secondo gli studi più recenti: i trattamenti utilizzati ai nostri giorni non hanno grossi effetti sull'Alzheimer ma soprattutto, in molti casi, sono importanti gli effetti collaterali delle cure.

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