
Gli scienziati dell'Università di Bath (Regno Unito), in collaborazione con i ricercatori delle Università di Oxford e di Bristol, hanno individuato una molecola che impedisce ad una proteina chiave legata al morbo di Parkinson, l'alfa-sinucleina, di aggregarsi. Il team ha dimostrato che tale molecola funziona in un modello animale e ritiene che un giorno potrebbe costituire la base di un trattamento in grado di rallentare la progressione della malattia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "JACS Au".
Cos'è il morbo di Parkinson
Il morbo di Parkinson, un disturbo neurodegenerativo a lenta ma progressiva evoluzione, è caratterizzato dalla neurodegenerazione dei neuroni della substantia nigra, ovvero una piccola area del sistema nervoso centrale. Il loro compito è quello di produrre la dopamina, una molecola fondamentale per il controllo del movimento e della postura.
Nella substantia nigra di un paziente parkinsoniano si riscontra un accumulo di corpi di Lewy. Si tratta di inclusioni sferiche formate da aggregati di una proteina nota come alfa-sinucleina. Proprio l'eccesso di corpi di Lewy è responsabile della sintomatologia che, tra l'altro, include tremore, problematiche della deambulazione, bradicinesia, dolori e parestesie diffuse.
Le cause del morbo di Parkinson
Attualmente le cause del morbo di Parkinson sono ancora sconosciute, tuttavia la scienza concorda in merito alla sua genesi multifattoriale. Da un punto di vista genetico sono state individuate forme ereditarie (10-15% dei casi) provocate dalla mutazione di determinati geni: alfa-sinucleina, parkina, glucocerebrosidasi, PINK1, DJ1, LRRK2-dardarina.
Esiste poi una correlazione tra l'insorgenza della malattia e alcuni fattori ambientali. Si pensi allo stile di vita (fumo di sigaretta, dieta sbilanciata) e all'esposizione a sostanze tossiche (metalli pesanti, pesticidi, insetticidi, idrocarburi, prodotti chimici industriali e usati in ambito agricolo.
Non dimentichiamo, infine, il ruolo dei fattori endogeni. Tra questi figurano l'accumulo di ferro nella substantia nigra, lo stress ossidativo, le disfunzioni mitocondriali e il fenomeno dell'eccito-tossicità.
Lo studio
Come abbiamo visto, l'alfa-sinucleina è una proteina che si trova principalmente nelle cellule cerebrali e qui ha il compito di aiutare a controllare il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore che consente ai neuroni di comunicare tra loro. Nel morbo di Parkinson l'alfa-sinucleina si aggrega fino a formare cluster tossici che, uccidendo le cellule nervose, scatenano i sintomi.
Nel suo stato normale l'alfa-sinucleina è un filamento flessibile, ma quando diventa attiva si ripiega dando luogo ad un'elica. Questa forma le consente di trasportare e fornire dopamina all'interno del cervello. Gli scienziati hanno sviluppato un peptide corto che bloccando la proteina nella sua forma elicoidale sana, le impedisce di trasformarsi nei cluster tossici prima menzionati.
Prospettive future
Gli esperimenti di laboratorio hanno rivelato che il peptide rimane stabile. Inoltre esso può penetrare nelle cellule cerebrali e qui, non solo riduce l'accumulo di depositi proteici tossici, ma migliora altresì i movimenti e la deambulazione, aspetti questi critici nei pazienti parkinsoniani.
I risultati segnano un passo significativo verso lo sviluppo di nuovi trattamenti a base di peptidi per il morbo di Parkinson e anche per altre condizioni neurodegenerative attualmente non trattabili. Il professor Jody Mason del Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Bath ha dichiarato:
«Il nostro lavoro dimostra che è possibile progettare razionalmente piccoli peptidi che prevengono
l'aggregazione proteica dannosa. Non vediamo l'ora di passare alla fase successiva della ricerca. Sono ovviamente necessari ulteriori approfondimenti, ma ci dichiariamo ottimisti».Leggi anche:
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