Salute

Organi artificiali, così la bioingegneria aiuta i malati

I nuovi dispositivi medicali ultrasofisticati per reni, cuore, polmone e pancreas permettono di migliorare la qualità della vita dei pazienti anche in attesa di un trapianto d'organo

Organi artificiali, così la bioingegneria aiuta i malati

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Polmoni e reni artificiali o macchine che fanno le veci del cuore. Da decenni la bioingegneria ha permesso la sopravvivenza e migliorato la qualità della vita di chi è in attesa di un trapianto d’organo. Stiamo parlando di dispositivi medicali ultra sofisticati che, nel caso del cuore, sono impiantati all’interno del malato, di ausili per diabetici che si sostituiscono al paziente stesso per la loro capacità di regolare autonomamente i livelli di glicemia e del sistema di ossigenazione extracorporea necessario quando vi è un’insufficienza respiratoria.

Di questo e delle prossime innovazioni si è parlato al Congresso mondiale dedicato allo sviluppo degli organi artificiali in corso a Bergamo, nel complesso di Sant’Agostino. L’incontro è stato promosso dalla European Society of Artificial Organs (ESAO), in collaborazione con l’International Federation of Artificial Organs.

Scienziati da tutto il mondo hanno trattato i temi della medicina di precisione, della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale applicate agli organi artificiali.

Gli organi non si stampano in 3D

Il coordinatore scientifico, Andrea Remuzzi, bioingegnere e docente di ingegneria biomedica all’Università di Bergamo, sfata i luoghi comuni. "Quando parliamo di organi artificiali in uso oggi non ci riferiamo all’idea di generare in laboratorio copie degli organi naturali ottenute con cellule e stampanti 3D. Queste soluzioni non sono possibili oggi e non lo saranno in un prossimo futuro. In laboratorio si possono ricreare semplici tessuti biologici come la pelle, grazie all’uso di cellule del paziente che vengono riportate a uno stadio di staminalità e poi differenziate in cellule specifiche di un tessuto. Già la cartilagine, è un tessuto più complesso, difficile da realizzare. Questo non vuol dire che non si facciano studi e tentativi in laboratorio."

Quando si parla di organi artificiali, dunque, ci si riferisce a dispositivi medicali che vengono usati quando non è possibile ricorrere al trapianto o per permettere al paziente di attendere la disponibilità di un organo.

I reni artificiali

Oggi il rene artificiale (il trattamento di emodialisi o la dialisi peritoenale) permette a più di mezzo milione di persone in Europa di sopravvivere senza i reni. Questa macchina riesce a fare le veci del rene mediante un trattamento di 3-4 ore per tre volte alla settimana, oppure durante la notte. I pazienti dializzati in Italia sono più di 46mila e in Lombardia circa 900.

Il cuore artificiale

"L’assistenza ventricolare con i VAD (Ventricular Assist Device) per chi ha un grave scompenso cardiaco permette di attendere anche fino a qualche anno il trapianto di cuore" – ha aggiunto Remuzzi – "Un traguardo impensabile solo pochi anni fa. Negli anni ’70 si è studiato molto per sviluppare il cuore artificiale, ma queste ricerche hanno mostrato una via più semplice per aiutare il ventricolo sinistro anziché sostituirlo. Il dispositivo si applica con una operazione chirurgica. In una piccola percentuale di pazienti, il 5%, il VAD permette al cuore di riprendersi, per gli altri rimane un ponte in attesa del trapianto".

Il pancreas artificiale

Cosa si usa al posto di un pancreas che non funziona? È sempre Remuzzi a darci la risposta:"Oggi i pazienti diabetici dispongono di sistemi ingegnosi che automaticamente misurano il livello della glicemia e infondono l’insulina necessaria, senza che sia il paziente a occuparsene. Il dispositivo si applica sull’addome (con una piccola cintura) e sostituisce perfettamente la funzione del pancreas. Il numero di diabetici sta crescendo in questi anni in modo esponenziale, e già nel 2022 sono stati trattati più di 1.000 pazienti lombardi con questi dispositivi".

I polmoni artificiali

Per chi invece ha insufficienza polmonare c’è l’ECMO, l’ossigenazione del sangue mediante la circolazione extracorporea, detto “polmone artificiale”: permette di ossigenare il sangue anche per diversi giorni in attesa del recupero del paziente.

Il sistema è adatto a chi soffre di gravi insufficienze polmonari ed è stato molto usato in pazienti ricoverati in terapia intensiva durante la pandemia.

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