Insulti senza cultura di governo

La politica italiana rischia di affondare sempre di più nella palude di una rissa noiosa e stupida. Le dichiarazioni polemiche ed insultanti di Romano Prodi contro Berlusconi colpevole solo di aver lanciato il nuovo obiettivo «una casa per tutti» ne sono la sgradevole testimonianza. Una casa per tutti non può che essere un obiettivo condivisibile ed un leader che si candida a governare questo Paese come Romano Prodi avrebbe dovuto reagire diversamente da come ha fatto. Che significa, ad esempio, quella battuta «la casa Berlusconi l’ha data innanzitutto ai ricchi»? Ci sembra più una risposta stizzosa di chi non sa cosa dire che non un giudizio politico. I ricchi non hanno bisogno di aiuti statali per comprare una o più case, e quindi la risposta è davvero senza senso. Un leader politico avrebbe dovuto, al contrario, applaudire a questo programma e, essendo un oppositore di questo governo, avrebbe dovuto sfidare Berlusconi a indicare rapidamente gli strumenti normativi e finanziari con i quali pensa di realizzare l’ambizioso obiettivo. In politica sono, infatti, gli strumenti a fare la differenza, non certamente gli obiettivi, molti dei quali sono, per l’appunto, unanimemente condivisi. Rispetto agli altri Paesi europei l’Italia già oggi è il Paese con il maggior numero di proprietari di case (circa il 70 per cento). Queste percentuali sono il frutto di politiche fatte nei decenni scorsi, mentre negli anni ’90 la pressione fiscale sulla casa è cresciuta a dismisura, a cominciare dall’introduzione di quell’Ici che ha reso sempre più oneroso anche il ruolo del proprietario di casa. Naturalmente, il fatto che il 70 per cento degli italiani sia proprietario di casa non significa che il problema-casa non ci sia più. Ci sono oltre due milioni e mezzo di famiglie povere e molte altre che vivono stentatamente a cui è precluso l’acquisto di una casa e molte volte diventa proibitivo lo stesso canone di locazione. Negli anni ’90, infatti, si sono fermati quei programmi di edilizia popolare che calmieravano il mercato e sono stati resi indisponibili quei 2,5 miliardi di euro che ogni anno gli enti previdenziali investivano nell’edilizia residenziale. E tutto questo è cominciato sempre negli anni ’90, quando a governare non c’era Berlusconi. Ma c’è di più. Da anni, da queste colonne, stiamo lanciando l’idea di massicci processi di risanamento urbano delle nostre città, in particolare nei capoluoghi di regione, nelle quali le periferie sono diventate progressivamente la testimonianza drammatica di un miserabile urbanesimo e fonte continua di disagio sociale e di criminalità. Le ultime vicende delle periferie parigine dimostrano quale pericolosa miscela può formarsi quando si intrecciano il degrado urbano, l’immigrazione clandestina e la povertà crescente. Risanare le periferie non può che essere un pilastro portante di un nuovo programma per la casa, perché consentirebbe di dare ad un tempo abitazioni nuove e dignità alle vecchie e fatiscenti residenze. Senza considerare, naturalmente, il volano che esso rappresenterebbe per l’economia italiana. Una nuova politica della casa può essere però sin da ora iniziata, oltre che con nuovi programmi di costruzione, anche con una diversa politica fiscale per consentire alle giovani coppie di poter prendere in locazione abitazioni senza per questo dover rinunciare a mangiare o a vestirsi. I proprietari che dovessero locare, ad esempio, ad equo canone le proprie case non dovrebbero pagare né tasse sul canone mensile né l’Ici. Tali politiche, naturalmente, dovrebbero prevedere forti sanzioni fiscali ed amministrative contro ogni furbesco tentativo dei proprietari di avere la botte piena e la moglie ubriaca. È una modalità, questa fiscale, con la quale di fatto lo Stato contribuirebbe da subito al canone di locazione di famiglie povere, stabilizzando così la certezza di un tetto, che sul piano sociale rappresenta un elemento non di poco conto.

Vedremo nei prossimi giorni quali strumenti il governo indicherà per sostenere il programma annunciato da Berlusconi e con la libertà di sempre diremo la nostra indicando pregi e difetti e dando all’occorrenza anche eventuali suggerimenti. È questa la politica, non l’insulto inutile che rappresenta invece il segno inequivocabile di una mancanza di argomenti e di una cultura di governo non all’altezza di un grande Paese come l’Italia.

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