In giro come una trottola cercando stabilità. Una contraddizione solo apparente quella di Enrico Letta, premier di un governo traballante come un tavolino con tre sole zampe, che ieri ha compiuto un frenetico tour italiano per sponsorizzare la tenuta dell'esecutivo. Torino e poi Milano e infine Roma: rassicurando, ammonendo, garantendo. Perché l'Italia è di nuovo un sorvegliato speciale per i suoi conti, lo spread che sale, la competitività che scende; e il continuo rischio di una crisi di governo certo non aiuta.
Una faticaccia. A Milano, dove è giunto nella tarda mattinata per visitare il cantiere dell'Expo 2015, Letta ha mandato un messaggio rassicurante in direzione Bruxelles: «Ci sono tutte le condizioni perché non si sfori il 3 per cento», riferendosi al rapporto debito-pil che deve essere rispettato annualmente da patto europeo. Obiettivo, questo, il cui raggiungimento è messo in discussione dalla Bce per l'anno in corso. Dubbi che hanno spinto a creare un cordone sanitario attorno al premier. Al quale si è aggregato in tutta fretta anche il commissario europeo, il finlandese Olli Rehn: «Il premier Letta e il ministro Saccomanni hanno ribadito più volte l'impegno dell'Italia a rispettare gli obiettivi di bilancio e a mantenere il deficit sotto il 3 per cento, e abbiamo fiducia che il governo rispetti la parola perché è essenziale per il ritorno alla crescita». Uno zuccherino dopo il fiele: «Gli ultimi dati economici sull'Italia non sono buoni, per assicurare il ritorno della ripresa è essenziale la stabilità politica».
Insomma, tutti esorcizzano il rischio di una crisi finanziaria che sarebbe devastante. «Non sono preoccupato, perché sono convinto che buonsenso e serenità alla fine prevarranno, perché ce n'è bisogno», dice ancora Letta a Milano. Un bluff? Possibile. Forse probabile. Di certo Letta si attacca anche all'Expo 2015 del capoluogo lombardo per garantirsi qualche sorriso e qualche chance in più: «Ho toccato con mano che i tempi a questo punto, se il tempo ci assisterà, saranno effettivamente rispettati». Per Letta «l'Expo è un obiettivo nazionale fondamentale» in quanto «occasione per dare un'immagine positiva per l'Italia, e Dio sa quanto c'è bisogno di dare immagini positive dell'Italia». E non a caso il premier ha annunciato che utilizzerà la sua presenza all'assemblea generale dell'Onu a fine mese a New York - evento a cui è stato invitato da Barack Obama, ed è un altro «aiutino» internazionale - «per interloquire con il maggior numero di primi ministri e presidenti. Pomperemo al massimo l'evento».
Una faticaccia. Prima di Milano Letta era stato a Torino, per partecipare ai lavori della Settimana sociale dei cattolici italiani. E qui altri messaggi in bottiglia. «Il debito è il primo problema di questo Paese. Ma per pagare i debiti bisogna essere credibili, perché nessuno ci compra il debito se non lo siamo. Ma se non ci comprano il debito, non ce la facciamo». E poi: «Il debito è un incubo per chi governa il Paese in questo momento. Il debito è mangiarsi il futuro, vuol dire risolvere i problemi di oggi con le risorse dei nostri figli». E ancora: «Le famiglie, la famiglia italiana, ha attutito l'impatto della crisi. Ha fatto sì che dal punto di vista di alcune dinamiche sociali fosse meno invasiva rispetto ad altri paesi europei, anche se da noi è stata più pesante». Infine, sulla situazione politica: «Il Paese è credibile se mantiene i suoi impegni, con serietà, per questo dobbiamo impegnarci per continuare ad essere credibili, non dare l'idea che ogni giorno si è sull'orlo di un vulcano in ebollizione». Infine, quasi commovente: «Non è vero che non facciamo niente, facciamo una fatica enorme a tenere in piedi questo governo».
Una faticaccia, appunto. Anche perché il governo Letta deve lavorare su due fronti: da un lato evitare di cadere in seguito alla vicenda Berlusconi e all'irrigidimento del Pd sulla sua decadenza.
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