"Bruti va punito per l'attacco al Cav"

L'ex guardasigilli Nitto Palma contro il procuratore di Milano che fa allusioni sugli "atteggiamenti anti istituzionali" di Berlusconi

Il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati
Il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati

Scintille. Battute avvelenate come le frecce degli indiani. Polemiche. Il congresso dell'Associazione nazionale magistrati si chiude con lo scivolone del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati. È in corso un'affollata tavola rotonda e il giurista francese Antoine Garapon, una star del diritto, ha appena stigmatizzato gli interventi a gamba tesa del'ex presidente Nicolas Sarkozy. Bruti Liberati ascolta e si lancia come un centravanti sulle parole di Garapon: «Una volta tanto possiamo fare gli sciovinisti con i francesi. L'ex presidente Sarkozy quanto ad atteggiamenti anti istituzionali ne ha da fare di strada. Noi siamo molto, ma molto avanti. Possiamo dare qualche lezione».
Il riferimento al Cavaliere, mai nominato e continuamente evocato dalle toghe, è evidente. E il presidente della commissione Giustizia del senato Nitto Francesco Palma, che è seduto di fianco a Bruti Liberati, rende esplicita l'allusione nemmeno tanto velata: «È appena accaduta una cosa gravissima. Il procuratore capo di Milano, presso il cui ufficio pende un procedimento contro Silvio Berlusconi, ha fatto un chiaro riferimento al leader del Pdl. Mi chiedo se questo porti acqua al mulino della sua serenità».

All'uscita i giornalisti assediano Palma e gli chiedono se abbia intenzione di presentare un esposto: «Non penso nulla - è la sua risposta - ne parlerò con Berlusconi e Alfano». Si vedrà. «Però - spiega il senatore al Giornale - un dato è chiaro. Ci sono magistrati, anche molto autorevoli, che esprimono ad alta voce un pregiudizio nei confronti del Cavaliere». Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: Antonio Esposito, Maurizio Carbone, Edmondo Bruti Liberati. Esposito è il presidente del collegio che ha condannato l'ex premier per frode fiscale: ora sappiamo che a suo tempo, nel corso di una cena offerta da un imprenditore calabrese, disse: «Se Berlusconi mi viene a tiro gli faccio un mazzo così». Profezia realizzata. Maurizio Carbone è il segretario dell'Anm e infiamma la platea sostenendo che «quella dell'incandidabilità per i condannati è una questione etica». Anche lui non fa il nome di Berlusconi, ma di fatto aveva l'ex premier nel mirino quando ha armato la sua fionda. Bruti Liberati gioca sull'asse Roma-Parigi, ma con un'aggravante: Milano è l'epicentro dei processi berlusconiani da vent'anni.

Così il convegno delle toghe italiane si chiude con il mare in tempesta, il Pdl insorge e Nitto Palma tira le fila del suo ragionamento: «Saranno il procuratore generale della Cassazione e il ministro della Giustizia a valutare sul piano disciplinare la battuta di Bruti Liberati, ma io, come magistrato, in prima linea per trent'anni prima di entrare in parlamento, sono amareggiato. Molto amareggiato». Insomma, si fa un gran parlare di riforma della giustizia e tutti affermano di voler voltare pagina. Ma poi, gira e rigira, siamo sempre alle solite. All'ossessione per il Cav. E qualcuno, prima o poi, tornerà a porre la solita, eterna domanda: a Milano c'è un clima sereno, insomma una cornice adatta ai processi in cui è imputato il Cavaliere? O, forse, sarebbe bene portarli altrove? Certo, davanti alla platea dell'Anm ci sono stati anche interventi in controtendenza, come quello del presidente della Cassazione Giorgio Santacroce che ha puntato il dito contro «gli eccessi mediatici» e ha spiegato che «la giustizia non è un grande carro di carnevale». Ma per Nitto Palma la riflessione autocritica è ancora un patrimonio di pochi fra i giudici del Paese. «Ci fanno la morale - è l'amara conclusione del senatore - ma i magistrati fanno fatica ad entrare con pacatezza nel merito delle questioni che dilaniano l'Italia. Invece di darci lezioni di etica sulla legge Severino, i miei ex colleghi dovrebbero avere la forza di mettere in evidenza e di spedire alla corte costituzionale tutti i dubbi che la legge pone». Dubbi che Nitto Palma elenca puntigliosamente nel corso della tavola rotonda: «La Severino non è una legge ma un decreto legislativo e questo non è un dettaglio trascurabile, ma un dato molto importante perché noi non abbiamo mai votato questo provvedimento. Il parlamento ha solo espresso un parere. E oggi possiamo tranquillamente dire che la delega al Governo era generica e non si capisce come siano stati fissati i criteri sulla durata dell'interdizione.

Che dev'essere il doppio rispetto a quella comminata dai giudici, ma comunque non meno di sei anni. Nella delega queste indicazioni non c'erano». Ora però la Severino è diventata la bandiera dell'antiberlusconismo. E allora, guai a chi la tocca.

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