È la maledizione delle villette: un sogno che diventa un incubo

Ancora una famiglia perfetta, senza problemi. Eppure distrutta dal male

Si arriva lì, una specie di capolinea esistenziale. Niente caseggiati popolari, nulla di simile agli androni bui, i neon esplosi o appesi ai cavi tranciati e i bambini a piangere negli angoli umidi con i passanti presi a pallonate da esagitati adolescenti. No, il sogno della borghesia è una villetta indipendente, un reticolo di vie private o senza uscita, un garage pieno di attrezzi da giardino e una sacca con mazze da golf. Marito libero professionista, magari con amante ben stivata in un monolocale in città. La moglie impiegata, un lavoro con contratto a tempo indeterminato che garantisca maternità, ferie e tempo per star dietro ai figli. Figli, appunto: due. Un maschio e una femmina. Se possibile la femminuccia più grande del maschietto per fruttare quel senso di maternità in nuce che all'occorrenza la trasforma in baby sitter. La piccola è bene faccia danza, il maschietto avrà modo di praticare uno sport, un corso di inglese e magari uno di chitarra. Tavolo e gazebo. Sci d'inverno, mare d'estate.

Gusci di testuggine vista lago o campi coltivati. Le villette che punteggiano i nostri scorci ridisegnano una geografia dove le scalate sociali si trasformano in forme di oscura riservatezza. Il triplice omicidio di Motta Visconti ha come scenario la verniciata vita residenziale da grigliata domenicale. Simili a sommosse criptate esplodono di tanto in tanto efferatezze come quella di Garlasco, Avetrana, Cogne, Erba … È come se una sinistra mano invisibile volesse confutare le posizioni acquisite. Laddove l'ambizione ha raggiunto un punto fermo ecco che il male nelle sue forme più orrende decide di prendere il sopravvento accanendosi sui corpi e dando alle fiamme tutto ciò per cui sono stati eretti muri di cinta ornati di fiori e siepi. Il signor Carlo Lissi ha testimoniato di essere rientrato in casa dopo la vittoria dell'Italia sull'Inghilterra e aver trovato moglie e figli sgozzati. Tagliare la gola a un uomo o a una donna non è cosa semplice. Bisogna sentirsela. Farlo ai danni di bambini è l'abisso.

La villetta come caveau affettivo diventa un sepolcro sviluppando al suo interno una violenza da Overlook hotel. I vicini parlano di Cristina Omes come di una donna dedita alla famiglia e alle iniziative oratoriane. Il marito infaticabile lavoratore. I figli, manco a dirlo, splendidi e solari. Il maligno attecchisce là dove meno te lo aspetti. Se in un appartamento delle Vele di Scampia puoi prefigurarti un regolamento di conti tra spacciatori, in una villetta di Motta Visconti, nella pianura che si snoda tra Milano e Pavia è più improbabile ipotizzare una simile mattanza. Siamo nell'universo di famiglie rispettabili in dorato isolamento. Grandi berline nei garage, genitori che pianificano per gli eredi il più confortevole tra i viaggi umani e la capacità economica che si fa beffe degli ottanta euro in busta paga. Eppure le cronache sono lì a ribadirci che anche la vita di noi piccolo borghesi può essere popolata di ombre e cesoie che irridono i sistemi di allarme. Un buio circostante che cela un sicario esterno o, come nel caso di Cogne, una follia omicida che si annida nella psiche materna. Là dove i cancelli elettrici si schiudono per lasciar defluire auto lustre possono implodere gli omicidi e le stragi che si inanellano in una macabra collana giudiziaria.

Eventi quasi messi lì a cancellare il sogno di perfezione, a livellare ogni distanza dall'incubo di chi è costretto a sopportare, negli anni, gli insulti che il vicino di pianerottolo destina alla vecchia e stanca moglie.

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