Un ufficio nel cuore della vecchia Roma. Un appannaggio extra di 3.500 euro. L'auto blindata con la scorta, la segreteria. Uno stuolo di collaboratori e consulenti. È una piccola corte quella della Commissione antimafia al cui vertice si è appena insediata Rosy Bindi. Ed è lungo l'elenco dei privilegi e dei bonus riconosciuti al presidente dell'organismo. Certo, anche a Palazzo San Macuto va di moda l'austerità, o meglio la sua versione light, insomma la sobrietà. Si sa, anche nei rifugi della casta è arrivata una timida spruzzata di spending review ed è stato messo un tetto alle spese, prima senza limite. Ma il numero uno dell'Antimafia resta (...)
(...) il capo di un piccolo impero, impegnato peraltro in prima linea nella difficile guerra alla criminalità organizzata. Proprio per questo si è sempre pensato che il presidente e i commissari dovessero avere strumenti adeguati per combattere la guerra contro le mafie. Così la commissione ha via via imbarcato un piccolo esercito di consulenti e collaboratori, chiamati a decifrare e interpretare le mosse del nemico.
Oggi la Bindi si ritrova un ufficio strategico, anche se di modeste dimensioni, al quinto piano del Palazzo di via del Seminario: «È un locale non tanto grande, ma suggestivo - ricorda Ottaviano Del Turco, presidente dal 1996 al 2000 - anche perché tre piani più in basso, al secondo, si svolse il celeberrimo processo a Galileo Galilei». Insomma, si convive con la storia. Ma non solo.
Come tutti i presidenti di commissioni permanenti, la Bindi percepirà un emolumento extra di circa 3.500 euro al mese. Attenzione: non sono tutti per lei, anzi la parte più importante, poco più di 2.000, è destinata a pagare il lavoro di un collaboratore. Dunque, al presidente restano circa 1.500 euro lordi che si sommano naturalmente al sontuoso stipendio di deputato.
C'è poi il capitolo segreteria: «Avevo a disposizione l'apparato dei funzionari di Camera e Senato, in pratica senza limiti», aggiunge Del Turco. Meno generoso il trattamento ricevuto da Roberto Centaro, presidente dal 2001 al 2006: «La segreteria del presidente era e credo sia ancora composta da 2 massimo 3 persone, prese in prestito dalla Camera di appartenenza». Per la Bindi sarà dunque Montecitorio.
Poi c'è la segreteria della Commissione che risponde sempre al presidente e qui lo staff si allarga. Fino a comprendere sei collaboratori: un consigliere parlamentare, capo della segreteria, due documentaristi, tre segretari parlamentari. Tutti provenienti da Montecitorio così come la precedente squadra era stata formata pescando le risorse dentro la cornice di Palazzo Madama, personale di Palazzo Madama, in ossequio al presidente Giuseppe Pisanu.
Dunque, le due segreterie, quella personale e l'altra della commissione, fanno lavorare circa dieci persone. Un numero imponente.
Poi ci sono i collaboratori. Divisi a loro volta fra fissi e part-time: «Ogni presidente - spiega Centaro - sceglie magari fra gli ufficiali dei corpi di polizia alcuni investigatori di sua fiducia e li assume come consulenti della commissione. In media ogni presidente riempie tre caselle. I consulenti vengono regolarmente retribuiti dal vecchio datore di lavoro, ma prendono un extra per l'impegno in commissione». Al loro fianco ecco poi gli esperti part-time, come i magistrati che ricevono solo un rimborso per i viaggi. «Questa pattuglia è assai agguerrita e oscilla da dieci a venti unità - riprende Centaro - in ogni caso un tempo non c'era un limite di spesa e nessuno stava attento alle cifre, poi è stato fissato un tetto e il budget per gli esperti si è ridotto».
Infine la scorta. Il tema della sicurezza è nelle mani del ministero dell'Interno che lo gestisce in piena autonomia e valuta l'assegnazione della scorta. Di fatto il presidente dell'Antimafia, figura istituzionale ad alto valore simbolico, non è mai stato lasciato solo. E la scorta è sempre stata concessa: «Si tratta di un corteo rafforzato - chiarisce Del Turco - io prendevo posto su una Lancia blindata e poi c'era un'auto che seguiva con due o tre poliziotti a bordo. Purtroppo la Lancia era stata adattata con fatica e dunque spesso era in officina per una qualche riparazione». Chissà quale berlina utilizzerà Rosy Bindi.
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di Stefano Zurlo
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