Interni

Un asso da 240 milioni di voti e quel feeling con gli elettori

Dal 1994 alle ultime Politiche, Berlusconi ha sempre fatto il pieno di consensi alle urne. Altro che «grande dittatore»

Un asso da 240 milioni di voti e quel feeling con gli elettori

Ascolta ora: "Un asso da 240 milioni di voti e quel feeling con gli elettori"

Un asso da 240 milioni di voti e quel feeling con gli elettori

00:00 / 00:00
100 %

Non stava bene, Silvio Berlusconi, anche a ridosso delle ultime elezioni amministrative. Era stanco e debilitato, ma il richiamo delle urne l’ha visto ritornare in campo per l’ennesima volta. L’ultima. Quante volte in passato tante scadenze elettorali, anche di secondo piano, hanno coinciso con acciacchi e affaticamenti. Però non ne ha saltata una, dal fatidico 27 marzo del 1994 agli ultimi ballottaggi dove il centrodestra ha trionfato come suggello del consenso maturato alla guida del Paese.
Dentro Forza Italia non c’erano misteri o formula segrete quando si avvicinava un appuntamento con le urne. Alla fine il pallone finiva sempre tra i piedi del bomber Silvio, con licenza di piazzare la botta finale. Finché ha potuto, il Cavaliere non ha mai evitato i bagni di folla, per poi trasformare la partecipazione nelle fasi finali con una maggiore presenza mediatica. Videomessaggi, post sui social, una valanga di interviste concesse ai quotidiani locali delle principali regioni e città interessate al voto.
Silvio Berlusconi, tra i suoi tanti talenti, era nato per fare il pieno alle urne. La prosecuzione elettorale dell’empatia congenita unita alla capacità di fare sorridere il presidente degli Stati Uniti con una battuta fulminante o fraternizzare con gruppetti di sconosciuti tra barzellette e storielle osé. Una delle chiavi per decifrare la lunga stagione berlusconiana, fatta di successi, traversate nel deserto e resurrezioni, è stata proprio il continuo successo elettorale, in tutte le competizioni cui ha partecipato come guida. La sua narrazione è stata spesso contestata dagli oppositori, ma ormai negli archivi della politica si tende a stimare in 240 milioni i voti raccolti di persona o come leader di coalizione o partito. In tre occasioni si candidò persino al consiglio comunale di Milano, la sua grande città, arrivò a riscuotere quasi 60mila suffragi con la preferenza unica.
Sembra un’ovvietà attribuire i successi politici di Berlusconi alle continue affermazioni ai seggi, eppure per decenni i suoi detrattori hanno preferito buttarla in gazzarra, con argomentazioni fuori dalla realtà. Merito delle sue televisioni che hanno ipnotizzato il Paese, ha rubato l’anima ai tifosi del Milan come un caudillo populista alla Achille Lauro degli anni ’50, ottiene tutto solo perché è un magnate stracarico di soldi che compra chiunque. E i suoi elettori? Una sorta di poveracci con la terza media plasmati dagli show di Canale 5, un ceto meschino di evasori fiscali che non hanno mai letto Norberto Bobbio.
Mancheranno anche queste scemenze, ora che l’«immortale» ci ha lasciati serenamente come tanti nonni e tanti papà consumati dalle malattie legate all’età avanzata.
Hanno marciato poi per trent’anni con il Grande Dittatore che ha dettato legge, facendo e disfacendo a seconda del proprio capriccio e della propensione alla cieca obbedienza dei suoi fedelissimi. Chi contraddiceva Hitler finiva macellato con le corde da pianoforte, chi usciva dalle grazie di Stalin spariva alla Lubjanka in un viaggio senza ritorno.
Con Silvio, viva la democrazia, tutto era concesso. Dallo spionaggio sotto le coperte, allo sputtanamento cronico sullo sfondo di una persecuzione giudiziaria. Silvio, il Grande Dittatore immaginario, fu rovesciato dall’alleato Umberto Bossi nel 1994. Alle elezioni del 2006, vinte da Prodi per ventimila voti, arrivò alle urne logorato dall’Udc di Casini e Follini che non vollero riconoscerlo come leader elettorale. E nel 2010, la congiura di Palazzo organizzata dall’alleato Gianfranco Fini, terza carica dello Stato (una cosa mai vista), fu sventata per appena tre voti ma contribuì a defenestrarlo l’anno dopo. E dove si è mai visto un tiranno cacciato da una camera elettiva, il Senato della Repubblica nel 2013, a causa di una controversa condanna per evasione fiscale? A sinistra si sganasciarono nell’immaginare un signore di 77 anni che si infilava un grembiule per andare a accudire e intrattenere i coetanei della casa di riposo di Cesano Boscone come espiazione della condanna penale. Lui accettò come una missione sociale, trasformandosi ovviamente nell’amico settimanale che conquistò l’affetto di tanti anziani meno fortunati di lui.
Quando la legge gli ha consentito di ripresentarsi in lista, è stato eletto trionfalmente deputato europeo nel 2019 e, soltanto a settembre, come senatore della Repubblica, quasi a riparazione di un’onta che l’aveva riempito di amarezza. Si è goduto poco il ritorno a Palazzo Madama, ma si commuoveva al pensiero dei tanti milioni di italiani che non l’hanno mai abbandonato.

Ricordatelo così.

Commenti