Una sentenza già scritta. La Corte d'appello di Palermo ha confermato i sette anni di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa a Marcello Dell'Utri, ex senatore del Pdl. Un anno fa, il 9 marzo 2012, la Corte di Cassazione aveva annullato parzialmente il processo di secondo grado, accogliendo il ricorso presentato dalla difesa. Il nuovo rinvio a giudizio riguardava il "rafforzamento dell'associazione mafiosa" fino al 1992.
Il procuratore generale aveva chiesto per Dell'Utri la condanna a sette anni. I giudici, riuniti in camera di consiglio questa mattina, dopo le 10.40, gli hanno dato ragione. Dopo la sentenza, il pg ha commentato che "non è dato sapere" se chiederà l'arresto. Poche ore dopo - secondo l'Ansa - ha chiesto l'arresto per pericolo di fuga.
L'ex senatore aveva rilasciato questa mattina alcune dichiarazioni spontanee nell'aula bunker di Palermo. Aveva negato di avere mai aiutato la mafia e ribadito la natura dei suoi rapporti con Vittorio Mangano, staliere di Arcore: "una persona normalissima".
Poco dopo la sentenza, Dell'Utri si è trattenuto con i giornalisti per commentare la sentenza che arriva dopo diciannove anni di processo. "Fiducia - ha detto - è una parola grossa. Io continuo ad avere tranquillità". Ha poi ricordato che "ci sarà la Cassazione" e che "ci stava l'assoluzione, ci stava anche la condanna". "Aspetto le prossime puntate di questo romanzo criminale che non poteva finire qui". Ha poi aggiunto che "se arrivasse la prescrizione direi come Andreotti: sempre meglio di niente".
"La richiesta d’arresto è assurda perchè non c’è mai stato pericolo di fuga di Marcello Dell’Utri. Ho fiducia come lui che questo romanzo criminale prima o poi finisca", ha commentato l'onorevole Maurizio Lupi. "La prova che il senatore Dell’Utri deve sopportare è lunga e dolorosa. Spero che al termine di questo calvario la magistratura possa giungere ad una verità che restituisca a Marcello Dell’Utri ciò che in tutti questi anni gli è stato tolto", ha dichiarato il coordinatore del Pdl Sandro Bondi.
Di tutt'altro avviso Antonio Ingroia che usa subito la sentenza come una clava contro il Cavaliere: "La condanna conferma la fondatezza delle accuse nei confronti del suo ruolo di mediatore tra la mafia e Silvio Berlusconi".
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