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"È un poeta", "Sbaglia a leggerla a pezzi". Benigni divide i costituzionalisti

I costituzionalisti criticano il discorso di Roberto Benigni e spiegano perché la Costituzione si può e si deve riformare

"È un poeta", "Sbaglia a leggerla a pezzi". Benigni divide i costituzionalisti

"La più bella che si potesse immaginare". Roberto Benigni, dal palco di Sanremo, celebra così i 75 anni della nostra Costituzione italiana, di fronte al presidente Sergio Mattarella, primo capo dello Stato ad assistere al Festival.

Un discorso, quello del premio Oscar toscano, volto a osannare la Costituzione descritta come un testo in cui "ogni parola sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria come le opere d'arte, butta all'aria tutto il soffocamento, l'oppressione, l'ingiustizia e la violenza di prima, è uno schiaffo al potere, ci fa sentire che viviamo in un paese che può essere giusto e bello, ci dice che il mondo può essere senza violenza". Parole che, ovviamente, nascondono un messaggio subliminale rivolto al governo e al centrodestra: "La Costituzione è perfetta così com'è e guai a chi la tocca". Ma cosa ne pensano gli esperti?

"Roberto Benigni è un poeta e non gli saremo mai abbastanza grati per la capacità di elevare lo spirito della nostra Nazione. Per citare l’articolo 4 della Costituzione egli veramente concorre “al progresso spirituale della società", premette il giurista Giovanni Guzzetta. "Leggere le sue parole sulla libertà - spiega il docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all'università Tor Vergata di Roma - che costituisce il patrimonio più avanzato e imperituro della nostra Carta, come un implicito rifiuto di immaginare riforme in altri settori, come ad esempio l’architettura costituzionale, equivarrebbe a mortificare il significato delle sue parole, che si collocano anni luce lontano dalla polemica quotidiana". Secondo Guzzetta "la Costituzione contiene in sé le procedure per essere modificata e i padri costituenti consegnarono alle nuove generazioni il compito anche di aggiornarla. In quella pagina bianca finale, di cui parla anche Benigni, c’è lo spazio per gli adeguamenti che il tempo inevitabilmente richiede".

Ludovico Mazzarolli, ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Udine, invece, è decisamente più critico nei confronti di Benigni: "Non si può - per non so quante centinaia migliaia di euro spesi per 10 minuti di intervento - dire pubblicamente che l'art. 11 della Costituzione sostiene che: 'L'Italia ripudia la guerra...' e fermarsi là". Secondo Mazzaroli, così facendo, si dice il falso "e si finisce con il mentire a milioni di persone che pagano il canone con cui si paga l'ospite". Se, infatti, è vero che "l'Italia ripudia la guerra" come "strumento di offesa alla libertà degli altri popoli" e come " mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ", è altrettanto vero che la "guerra di difesa" è non solo ammessa dall'articolo 11, ma altresì pretesa dall'articolo 52 della Costituzione che stabilisce che: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". Mazzarolli, poi, fa un altro esempio per sostenere la sua tesi e spiega che è sbagliato dire soltanto che, in Italia, 'la sovranità appartiene al popolo'. "Se non si aggiunge, che il popolo 'la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione', - sottolinea l'esperto - non si comprende nemmeno perché la sovranità la esercitano, insieme, maggioranza parlamentare e governo". È sbagliato, insomma, leggere le disposizioni della Costituzione "a pezzetti" come demagogicamente ha fatto Roberto Benigni. Mazzarolli è convinto che la prima parte della nostra Carta (artt. 1-54) "dovrebbe essere toccata con estrema parsimonia", mentre "la Seconda va assolutamente resa più aderente alle necessità dei tempi" e nello specifico: "l'esecutivo va reso più forte, ma non per una scelta politica, bensì perché, di fatto, lo è già esi tratta di adeguare il diritto al fatto".

Il costituzionalista Stefano Ceccanti ritiene, invece, che Benigni, descrivendo la nostra Carta come "la migliore del mondo" si riferisse alla prima parte "che è particolarmente riuscita", mentre "evidentemente la seconda, quella organizzativa, si può sempre aggiornare". Ma non solo. "Uno studioso direbbe difficilmente che una o un'altra sia migliore del mondo", spiega Ceccanti che valuta comunque positivamente che un cittadino abbia una tale opinione della nostra Carta perché "rivela che la Costituzione si è radicata e ha suscitato un patriottismo che va all'insieme del Paese prima che alle appartenenze di parte". Il costituzionalista Michele Ainis, infine, sentenzia: "Non sarà la migliore, ma di certo non è la peggiore.

E mentre si riapre un dibattito sulla sua riforma, è bene ricordare il monito di Aristotele: se una Costituzione si può migliorare, significa che si può anche peggiorare".

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