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Tra Bonaccini e Schlein vince soprattutto la noia

Nessuno tra i due candidati a segretario del Pd riesce a imporsi nell'unico confronto televisivo previsto in vista delle primarie di domenica: il fair play domina l'intera ora di dibattito. I due esponenti dem così vicini e così lontani

Tra Bonaccini e Schlein vince soprattutto la noia

Chi tra i sostenitori del Partito Democratico - nonché possibili elettori alle primarie di domenica prossima - si fosse imbattuto nel confronto televisivo per schiarirsi meglio le idee su chi andare a votare ai gazebo come prossimo segretario nazionale, con tutta probabilità sarà rimasto deluso. Nello studio di Sky TG24 Stefano Bonaccini ed Elly Schlein hanno infatti dato vita a un faccia a faccia di scarso interesse e con pochissimo mordente. Soltanto sul costo del lavoro e sul giudizio riguardo a Giorgia Meloni (Bonaccini l'aveva definita "capace" pochi giorni fa, mandando su tutte le furie la sinistra del Pd, mentre stasera ha dato 4 come voto al suo governo) poteva nascere qualcosa di leggermente frizzantino, ma alla fine il fair play ha sostanzialmente regnato sovrano per l'intera durata del dibattito.

Bonaccini e Schlein: così vicini, così lontani

C'è da dire che i due, seppur provenienti da esperienze politiche diverse e non sovrapponibili, si sono conosciuti molto bene soprattutto negli ultimi tre anni, quando fino a pochi mesi fahanno lavorato fianco a fianco nell'amministrazione della Regione Emilia Romagna. Eppure il divario ideologico e di esperienza comunicativa si nota ed è a favore del presidente regionale. La prospettiva, per uno tra Bonaccini e Schlein, diventa quella di guidare il primo partito di opposizione parlamentare e di candidarsi (eventualmente, se tutto dovesse procedere abbastanza regolarmente) a possibile presidente del Consiglio nel 2027.

Ora, però, la realtà è di tutt'altro tenore: a Palazzo Chigi c'è stabilmente il centrodestra e il successore di Enrico Letta al Nazareno dovrà recuperare i tantissimi voti persi elezione dopo elezione. Meglio quindi strizzare l'occhio al mondo dei moderati e, da questo punto di vista, Bonaccini ci sa sicuramente fare: tra la rivendicazione dei suoi successi amministrativi, il suo tambureggiare sulle politiche economiche a favore (anche) delle partite Iva e l'ammissione di una linea comune con Calenda nel fare opposizione.

I due preferiscono giocare in difesa

Ma, per il resto, i 60 minuti del talk condotto dal giornalista Fabio Vitale - oramai un navigato moderatore in fatto di confronti televisivi all'americana - non hanno regalato momenti di particolare coinvolgimento. Dopo essersi dati di gomito sui social con un selfie sorridente all'aeroporto di Bari, Bonaccini e Schlein erano pressoché d'accordo su tutto, nonostante i tanti temi affrontati: guerra in Ucraina, 41 bis, salari bassi, reddito di cittadinanza, automobili a diesel, sanità, riforme, immigrazione, diritti civili. Tuttavia i riflettori vengono puntati per lo più contro Giorgia Meloni, ça va sans dire. L'ex vicegovernatrice dell'Emilia Romagna, che pure ha rivelato che l'avrebbe portata con sé dentro un suo ipotetico camper (Bonaccinini invece ha scelto più "prosaicamente" Draghi) ha forzato i toni giusto sul cavallo di battaglia del femminismo che, secondo lei, il presidente del Consiglio non ha mai portato a termine concretamente; ma è sembrato più che altro una classica frase da repertorio da utilizzare ormai con il pilota automatico, qualsiasi sia il contesto pubblico. Per l'antifascimo, invece, non c'è stato il tempo di poterlo citare (per la milionesima volta).

In tutto questo la famosa "connessione sentimentale" con il popolo – espressione gramsciana che molti osservatori tirano fuori dal cilindro per indicare il fatto che a sinistra manchi totalmente un rapporto diretto e comprensibile con l'elettorato di riferimento – è stata completamente assente anche in questo contesto. Se fosse una partita di calcio, il risultato finale sarebbe uno scialbo zero a zero. Un punteggio che, stante le recenti percentuali ottenute nei voti nei circoli da Bonaccini, non può fare altro che favorire il governatore emiliano-romagnolo. I guizzi da campione non si sono nemmeno timidamente intravisti su ambo i fronti.

La sensazione è che, in un Pd così malandato, neanche i migliori Messi e Cristiano Ronaldo riuscirebbero a battere la Meloni.

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