C'è l'astensione ma non la fuga

Gli italiani sembrano aver perso la fiducia nei rappresentanti in Parlamento eppure l’affluenza non è crollata: -5,9%. A livello locale contano più i candidati dei partiti

C'è l'astensione  ma non la fuga

Le previsioni elettorali, come i pronostici sportivi, le sbaglia solo chi le fa. Infatti, sabato avevamo scritto su queste co­lonne che le amministrative non avreb­bero suscitato entusiasmo, e che quin­di ci sarebbe stato un notevole calo di af­fluenza ai seggi, e, invece, i dati forniti dal Viminale non confermano una grande disaffezione per il voto. Una di­minuzione del numero di cittadini re­catisi alle urne c’è stata: intorno al 6 per cento rispetto alla tornata precedente. Nulla di catastrofico.

Significa quan­tomeno che, se la politica romana è mi­nacciata dall’antipolitica (dalle sue espressioni più truci), non altrettanto succede a livello amministrativo. In­somma, se si tratta di scegliere un parti­to, parecchia gente storce il naso e af­ferma di aver perso fiducia nei suoi rap­presentanti in Parlamento; se, vicever­sa, bisogna eleggere sindaci, governa­tori di Regione e presidenti di Provin­cia, pochi si tirano indietro, a giudica­re dalle cifre parziali, comunque da pren­dersi con le pinze. Ciò sorprende in parte. La nau­sea provocata dai politicanti è qual­cosa di più di una sensazione, e avrebbe potuto influire anche su chi era ed è chiamato a rinnovare le amministrazioniperiferiche. Seco­sì non è stato, probabilmente lo si deve al fatto che nei Comuni, in par­ticolare, e, in generale, sul piano lo­cale gioca a favore del voto la cono­scenza diretta delle persone da in­vestire di responsabilità gestionali. Non è un caso che le cosiddette li­ste civiche, non strettamente colle­gat­e a organizzazioni politiche tra­dizionali, siano varie e spesso otten­gano buoni risultati. Insomma, sul territorio conta di più la reputazio­ne dei candidati che non l’affidabili­tà dei partiti.

La consultazione in corso,tra l’al­tro, si svolge in un momento straor­dinario non soltanto per le vicende italiane (governo tecnico, tassazio­ne soffocante, spesa pubblica in­tangibile, debitodabrividi), maan­che per quelle internazionali: in Francia ha vinto la corsa all’Eliseo Hollande, e Sarkozy torna a casa con la coda fra le gambe; in Grecia sono stati sconfitti i partiti pro euro, e la moneta unica, in crisi da tem­po, rischia di saltare con grave pre­giudizio per la sua sopravvivenza in Portogallo, Spagna, Olanda e na­turalmente Italia. L’Unione Europea traballa, po­sto che il successore di Sarkozy non ha alcuna intenzione di inchi­narsi alla volontà di dominio della Germania.

Questa serie di fattori, in teoria, potrebbe incidere perfi­no sull’esito delle nostre ammini­strative, anche se è difficile imma­ginare come. Un motivo di suspen­se è la performance attribuita a Beppe Grillo, considerato da qua­si tutti gli osservatori una sorta di favorito col suo movimento Cin­que stelle. Ma un conto sono i son­daggi, un altro i voti. Inoltre, per quanto il comico sia in grado di raccogliere il consenso degli ar­rabbiati, non crediamo possa far saltare i normali equilibri politici del Paese.

Al massimo riuscirà, in questa fase, a portare un contribu­to di

confusione in una situazione già abbastanza confusa. Oggi pomeriggio, dopo le quin­dici, avremo delle certezze. Si fa per dire. Intanto consoliamoci con l’affluenza, più che sufficien­te a tranquillizzare chi temeva un terremoto.

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