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La carica islamica degli antisemiti

Improvvisamente, un gruppo di ragazzini, peraltro dotati di belle tute da fighetti, si affaccia alla porta del McDonald's vicino a piazza Duomo e corre addosso come un nugolo di uccellini fuori di testolina contro i rappresentanti della Brigata Ebraica

La carica islamica degli antisemiti

Improvvisamente, un gruppo di ragazzini, peraltro dotati di belle tute da fighetti, si affaccia alla porta del McDonald's vicino a piazza Duomo e corre addosso come un nugolo di uccellini fuori di testolina contro i rappresentanti della Brigata Ebraica, cui è toccato essere bloccati lì, davanti al locale esalante aliti di hamburger e patate fritte, causa un intoppo del corteo per il 25 Aprile. Hanno bandiere bianche e celesti dotate di stella di Davide, sono preceduti dallo striscione evocativo della loro guerra agli sterminatori. Qualcosa scocca per magia, o per lavaggio domestico del cervello, in questi paninari di conio maghrebino. Più che un pensiero, un istinto. Una miscela di rissosità giovanile e di rancore vecchio, ma immortale. Ah, gli Ebrei, eccoli! Finalmente il nemico!

Ho scritto uccellini, ma più che altro i colibrì egizi menano, hanno il beccuccio ferrato, agitano pugni, mostrano il petto imberbe gonfiando muscoletti, ma le loro nocche sono dure e le parole squarciano. Se la prendono contro Israele e gli ebrei, era ora che si facessero riconoscere e adesso li hanno di fronte: addosso. Non sanno neppure che giorno sia, né hanno alcuna idea spiegheranno dalla questura di che cosa ci faccia tutta quella gente che occupa quel territorio circondato dal loro recinto invisibile ma reale di dominio quotidiano. Hanno imparato dalla nascita, da genitori emigrati qui, che sono destinati a estirpare dal mondo i sionisti, ebrei, israeliani, giudei, tanti nomi per un popolo (...)

(...) solo da annientare, lo urlano, qualcuno gli fa trovare i vessilli della Palestina, e loro si buttano alla cieca, come saltimbanchi a torso nudo. Interviene la polizia, riporta la calma.

La scena è minore, anzi minorenne, e non spaventa,

è persino comica e insieme patetica (beninteso, a non essere ebrei). Una pinzillacchera a confronto con l'enormità della minaccia e i conseguenti tremori planetari per missili ipersonici a testata nucleare multipla, i quali, alla fine, sentendosi inutili, temo si stuferanno di essere sempre lì ad aspettare. Si schiacceranno il bottone da sé per motivi esistenziali suggeriti dalla loro intelligenza artificiale (che ci sto a fare al mondo, se non mi lanciano mai?). Proprio come quei ragazzini di Milano, che hanno obbedito non a un ordine esterno, magari impartito da una cellula milanese di Hamas, ma a un impulso scoccato in loro senza che neppure se ne accorgessero.

Anche i giovani e giovanissimi italiani hanno sempre creato casini e agitato piazze, talvolta riuscendo a incendiare anche i sentimenti di vasti strati sociali. Il '68 ha innescato una miccia esplosa con gli anni di piombo. Non si sentiva il bisogno di importare dall'estero famiglie che hanno generato ragazzini con odi di seconda generazione capaci di azioni che adesso siamo bravi a prendere in giro, salvo un giorno riderne un po' meno.

Senza tragediare, direbbero in Sicilia, il caso infatti è serio. Esprime, con la sua stupida sceneggiata, un risentimento totalitario. Non è un'azione contro l'ingiustizia sociale. Ma identifica il male con gli ebrei, non con questo o quell'ebreo, ma con una stirpe, e basta così, si tratta di spazzare via chi porta quel nome.

Davanti a quei giovincelli scalmanati, ingenui birbantelli, si percepisce una certa benevola leggerezza del tipo di quella di Manzoni per bocca dei monatti nei confronti dello sfigato Renzo: «Va', va' povero untorello, (...) non sarai tu quello che spianti Milano» (cap. XXXIV).

Quei ragazzini non sono però artigiani di Lecco come il fidanzato di Lucia accorso a Milano per salvarla.

Sono cuccioli di padri islamici allevati nelle periferie, extracomunitari italici, incolpevoli di quel che hanno ricevuto e miscelato con i furori dell'adolescenza. Il Tg1 ha intervistato il giorno dopo il più scalmanato di costoro. Bella tuta griffata Adidas, stesso McDonald's: «Non sono pentito, rifarei tutto», gli daranno un foglio di via, ma sicuro che torna, con il medesimo odio.

Michele Serra, su la Repubblica, distingue, e ha pure ragione, tra due tipi di antisemitismo registrato giovedì a Milano tra gli «anziani vecchi rottami dell'estremismo nostrano», e «quelli no, non li assolvo». Assolve invece i picchiatori fanciullini. Scrive: «Del 25 aprile non fregava nulla (manco sanno cos'è) ai ragazzini arabi che si sono lanciati contro la Brigata Ebraica. Con quello che accade a Gaza, la loro radicalizzazione è quasi inevitabile, ancorché tragica. Cresciuti nella segregazione, vivranno di odio e di vendetta».

Dell'aggressività antisemita dei «ragazzini arabi» la colpa è: 1) di Israele che risponde alle stragi islamiste del 7 ottobre, 2) della «segregazione» cui sono stati sottoposti in Italia. Per cui è ovvio che da grandi «vivranno di odio e di vendetta». Serra cioè, a nome del sentire comune della sinistra, assicura: colpa degli ebrei e dell'Italia di destra che addirittura li rinchiude nei fast-food, a mangiare hamburger, orrore.

Io non mi assolvo: non dovevamo permettere l'insediamento a casa nostra di chi ha portato con sé l'antisemitismo islamico.

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