Se commettono diffamazione, i giornalisti non devono essere condannati al carcere, se non in presenza di "circostanze eccezionali", altrimenti non viene loro assicurato il ruolo di "cane da guardia". La Corte di Cassazione ricorda che, sulla base della Convenzione sulla libertà di espressione, i giudici dalla Corte dei Diritti umani umani esigono "la ricorrenza di circostanze eccezionali per l’irrogazione, in caso di diffamazione", della condanna al carcere "sia pure condizionalmente sospesa". Con questo verdetto la Suprema Corte ha annullato con rinvio alla Corte di Appello di Brescia, solo per il trattamento sanzionatorio, la condanna al carcere nei confronti del direttore e di un giornalista de La Voce Di Romagna.
Nella sentenza della Cassazione, in cui si esorta a non infliggere nel caso di condanne per diffamazione il carcere ma solo multe, si specifica che iI giornalisti in quanto categoria sono "attualmente oggetto di gravi ed ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici proprio al fine di limitare la loro insostituibile funzione informativa". La Suprema Corte ricorda, inoltre, che de iure condendo anche il legislatore ordinario italiano è orientato al ridimensionamento del profilo punitivo del reato di diffamazione a mezzo stampa. Con questo verdetto la Cassazione ha negato la condanna al carcere, seppure con pena sospesa, nei confronti di un giornalista e del direttore de La Voce Di Romagna per un articolo che riportava informazioni imprecise di cronaca giudiziaria su un furto in una caserma.
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