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Chi non vuole i giudizi a scuola? Tutti i nostalgici del 6 politico

Milioni di italiani si sono formati per decenni nelle scuole elementari (oggi diventate primarie) ricevendo i giudizi nelle verifiche e nelle pagelle e sopravvivendo senza troppi traumi

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Milioni di italiani si sono formati per decenni nelle scuole elementari (oggi diventate primarie) ricevendo i giudizi nelle verifiche e nelle pagelle e sopravvivendo senza troppi traumi. Gli aggettivi insufficiente, sufficiente, discreto, buono e ottimo hanno caratterizzato la nostra infanzia contribuendo alla crescita di ognuno di noi. Negli ultimi anni, seguendo una tendenza di delegittimazione dei giudizi, sono state introdotte le definizioni avanzato, intermedio, base, in via di prima acquisizione inserite accanto agli obiettivi definiti dai docenti per ogni materia. Qualche giorno fa il Senato con 74 sì e 56 ha dato il via libera al provvedimento voluto dal ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara con cui si reintroducono i giudizi. Si tratta di una notizia che non può che essere accolta con favore, le valutazioni a scuola non costituiscono un giudizio sulla persona ma sul suo operato. L'assenza di meritocrazia nella società italiana nasce già dalla scuola per poi arrivare all'università e nel mondo del lavoro e la cancellazione dei voti va nella direzione di un egualitarismo che livella verso il basso attualizzando il principio del sei politico e dell'uno vale uno. Stupisce perciò l'appello firmato da docenti, intellettuali e personaggi pubblici tra cui Moni Ovadia, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Luca Zingaretti e tanti altri contro la reintroduzione dei giudizi alle primarie. I due promotori dell'appello Daniele Novara e Alex Corlazzoli hanno annunciato

che scriveranno a Sergio Mattarella «per bloccare questo colpo di mano sulla valutazione».

Eppure, come spiegato da Valditara, introdurre una valutazione più precisa e puntuale aiuta a promuovere il rispetto delle regole e la responsabilità individuale.

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