Cittadinanza facile ai migranti, il vero flop della sinistra: cosa dicono i numeri

Il quinto quesito ha visto i “no” al 35% mentre negli altri quattro è al 12%. Gli italiani hanno detto basta a un modello folle di finta integrazione

Cittadinanza facile ai migranti, il vero flop della sinistra: cosa dicono i numeri
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I primi quattro quesiti del referendum, quelli riguardanti il lavoro, hanno visto il “sì” tra l’87 e l’88%. Sono pari, o quasi. Segno che chi ha deciso di andare alle urne (la stragrande minoranza degli italiani) lo ha fatto con un’idea precisa e coerente. Del resto, il messaggio nemmeno troppo velato di questo referendum era quello di dare una spallata al governo, per cui si sarebbe dovuto votare compatti. Quorum, percentuali bulgare e tutti a casa. Poi, però, qualcosa è andato storto. Non solo perché gli italiani non si sono presentati alle urne, ma anche perché il quinto quesito, quello riguardante la “cittadinanza facile”, ha visto il “sì” fermarsi al 65% contro il 35% del “no”, che qui ha guadagnato oltre 20 punti. Una spallata alla sinistra, che ha fatto di questo punto, estraendo dal cilindro anche storie pietose, uno dei centri della propria propaganda. Chi è andato ai seggi, però, ha detto no. Certo, non tutti. Certo, la maggior parte ha comunque preferito il sì. Ma tra i votanti, in gran parte di sinistra, c’è pure chi ha preferito che le cose rimanessero tali e quali a oggi: dieci anni per ottenere la cittadinanza, non uno di più, non uno di meno.

E il perché è presto detto. Gli italiani hanno compreso che l’immigrazione incontrollata degli ultimi decenni ha provocato danni incredibili. Basta camminare nelle città per rendersene conto, magari in aree critiche come stazioni e parchi, dove bivaccano decine, a volte centinaia, di immigrati che non fanno nulla tutto il giorno e che spesso delinquono. Del resto, se “accogli” senza davvero prenderti cura di chi arriva, non puoi pretendere che poi non scelga altre vie per vivere. Non solo. Parigi è stata messa a ferro e fuoco da immigrati di seconda e terza generazione, quelli che teoricamente avrebbero dovuto accettare le regole del nostro vivere, dimostra che l’integrazione non è possibile. Almeno in questo modo. E almeno con certe minoranze. Perché ci troviamo di fronte a culture troppo diverse. Una, la nostra, fatta di libertà. Un’altra, la loro, fatta di precetti. Noi siamo deboli. Abbiamo perso i nostri valori, la voglia di difenderli e, soprattutto, la capacità di farlo. Loro sono forti. Credono ancora, ci piaccia o meno. Possiedono ancora un istinto che noi abbiamo perso: l’aggressività. E non solo intesa come violenza, ma come capacità di resistere, di non cedere. Sotto questo punto di vista - soprattutto se aggiungiamo la questione demografica - hanno già vinto loro.

Dire di no è stato difendere quel che resta del nostro Paese. E questo gli italiani lo hanno capito. Anche molti di quelli che, presumibilmente votanti di sinistra, sono andati a votare. Con buona pace di Landini, Conte e Schlein.

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