
“Il mondo della scuola, dell’università e della formazione, inteso nella sua globalità, è centrale per il governo presieduto da Giorgia Meloni. Il divario tra Italia e Ue sul numero di laureati, messo in evidenza dall’Ocse, è un dato che non possiamo ignorare: deve indurci a riflettere e a rafforzare ulteriormente il nostro impegno per il futuro dei giovani e del Paese. In questi tre anni sono stati messi in campo interventi significativi: oltre 9 miliardi di euro di stanziamento per l’università statale, pari a un incremento del 3% rispetto al 2024, e l’inaugurazione dei campus relativi alla filiera tecnologica professionale, con uno stanziamento di oltre 40 milioni di euro.

È un lavoro serio e costante, portato avanti con rigore dai ministeri competenti, ma sappiamo che non basta: colmare il divario richiederà tempo e perseveranza. La direzione è tracciata e il messaggio è chiaro: il mondo dell’istruzione, in tutte le sue articolazioni, resta un pilastro irrinunciabile dell’agenda dell’esecutivo e la chiave per garantire sviluppo, crescita e coesione sociale”.
Lo ha dichiarato Guerino Testa (FdI), segretario della commissione Finanze a Montecitorio, nel corso del Cnpr forum “Scuola, istruzioni per crescere”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. Sui numeri del divario si è espressa anche Ylenia Zambito, senatrice del Pd in Commissione Affari sociali e Lavoro a Palazzo Madama: “I dati Ocse evidenziano una fragilità strutturale del nostro Paese: se solo un italiano su cinque, nella fascia tra i 25 e i 64 anni, è laureato significa che stiamo continuando a rinunciare a competenze fondamentali per innovazione, produttività e crescita economica e sociale. Allo stesso tempo, nelle aziende cresce la consapevolezza che la competitività passi dagli investimenti nel capitale umano e dalla preparazione del personale. Solo attraverso le competenze è possibile generare vera innovazione.

Per questo servono investimenti stabili e consistenti in istruzione e ricerca, scuole moderne, università accessibili, borse di studio rafforzate e una reale valorizzazione dei nostri atenei. Non possiamo accettare che l’Italia resti fanalino di coda in Europa. Un altro nodo cruciale riguarda il divario sociale, che rappresenta un ostacolo enorme all’equità e alla competitività: troppo spesso il futuro dei ragazzi è determinato dal reddito familiare. È nostro dovere ridurre i gap di partenza e rimettere in moto l’ascensore sociale”.

Preparare i giovani al mercato del lavoro è prioritario per Alessandro Colucci (Noi Moderati), segretario di Presidenza della Camera: “I dati Ocse pesano come un freno alla crescita economica e all’innovazione, ma sono soprattutto un segnale sociale preoccupante: se i giovani abbandonano gli studi è perché non vedono prospettive concrete né la possibilità di valorizzare gli investimenti compiuti per la loro formazione. Lo studio, invece, è un vero investimento sul futuro, ma oggi troppo spesso il peso ricade quasi interamente sulle famiglie e sugli stessi studenti. Le istituzioni hanno quindi il dovere di creare condizioni favorevoli affinché il mercato del lavoro possa trovare risorse umane preparate e possa contare su una filiera formativa moderna e ben organizzata. In questa direzione va la riforma Filiera Tecnico Professionale 4.2, che riduce da cinque a quattro anni il percorso della scuola secondaria, integrandolo con un biennio opzionale negli ITS Academy per un totale di sei anni. L’obiettivo - ha evidenziato Colucci - è allineare istruzione e mercato del lavoro, formando figure professionali specializzate, con competenze tecniche avanzate, soft skills ed esperienze pratiche in azienda, così da dare ai giovani opportunità reali di crescita”.
Secondo Rosaria Tassinari, deputata di Forza Italia in Commissione Cultura e Istruzione: “I dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico pesano molto, perché viviamo in un mondo altamente competitivo e l’evoluzione del nostro sistema d’istruzione è fondamentale per poter competere ed essere al livello degli altri Paesi. Ritengo che questo gap debba essere colmato con investimenti mirati e interventi diretti sul fronte dell’istruzione. In questo senso va ricordato il forte impegno del governo Meloni e, in particolare, del ministro Bernini: per l’anno accademico 2024-2025 sono stati stanziati 880 milioni di euro per le borse di studio, provenienti in parte dal PNRR e in parte da risorse statali. Si tratta - ha ribadito Tassinari - di fondi destinati a sostenere gli studenti più fragili dal punto di vista economico, garantendo a tutti la possibilità di accedere non solo all’istruzione superiore, ma soprattutto a quella universitaria. È su questa linea che bisogna insistere: i risultati si vedranno nel prossimo futuro e sono convinta che le risorse stanziate contribuiranno a colmare il divario e a produrre effetti significativi”.

Nel corso del dibattito moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Pasqua Borracci, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bari: “Secondo il rapporto Ocse la media dei laureati sfiora il 41%, nell’UE al 35% in Italia non arriva al 21%. Questi numeri hanno un peso determinante per la crescita dell’Italia. Occorrono misure urgenti e consistenti per colmare queste differenze che rischiano di pesare come un macigno sul futuro del nostro Paese. Investire nel capitale umano non solo è un dovere ma è anche una necessità se davvero vogliamo restare al passo con gli altri Paesi in termini di innovazione e sviluppo tecnologico”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili: “Che l’Italia produca pochi laureati è un problema strutturale che sussiste dal dopoguerra. Siamo molto indietro rispetto alle medie europee con l’UE che ha posto come obiettivo quello di superare entro il 2030 il 45% di laureati. Le cause di questa arretratezza italiana sono composite: la fuga di cervelli, la mancanza di orientamento dei laureandi, problemi nel sistema produttivo che crea un disallineamento tra istruzione e mercato del lavoro. Se scomponiamo i dati per regioni i numeri diventano molto più allarmanti. La scarsità di competenze è un problema serio. I giovani vanno all’estero perché hanno più prospettive di carriera e sono meglio retribuiti. Che ci sia la necessità di incentivare la formazione per un corretto inserimento nel mondo del lavoro è necessario.
Bisogna ridurre le diseguaglianze di ricchezza e di genere in tutti i contesti, pubblici, economici, politici, così come quelle relative all’accesso ai servizi attraverso strumenti e programmi che riescano a modificare questa situazione”.