«S ereno», addirittura «soddisfatto». All'ora di pranzo, quando spunta nella Loggia alla Vetrata, Giorgio Napolitano cerca perfino di sorridere. «Sì è aperta la strada - dice - alla formazione del governo di cui il Paese ha urgente bisogno». La buona notizia è che c'è un presidente incaricato, Enrico Letta, giovane ma esperto, fresco ma pieno di contatti internazionali e, pare, apprezzato da quasi tutti. Quella cattiva è che non c'è accordo né sulla squadra né sul programma. Solo «tatticismi»? O è già partito, tra Pd e Pdl, il gioco del cerino?
Così, proprio mentre annuncia all'Italia la lieta novella, il capo dello Stato è costretto pure a suonare, dopo due mesi di stallo, la campana dell'ultimo giro. «Si è aperta la sola prospettiva possibile, quella di una larga convergenza tra le forze politiche che possono assicurare la maggioranza in entrambe le Camere. Non ci sono alternative». Non c'è più spazio per giochetti. O i partiti si accordano, oppure si tornerà presto al voto. Letta stesso è molto prudente: «Il governo non nascerà a tutti i costi, ma solo se ci saranno le condizioni».
Insomma, in pubblico Re Giorgio sarà pure «sereno e soddisfatto», ma in privato ha dovuto spargere miele e colla fino all'ultimo momento. E non è ancora detta. Dopo un'altra notte di lunghi coltelli, da Largo del Nazareno gli hanno infatti comunicato che il Pd «non reggeva» la candidatura Amato. Troppo Prima Repubblica, troppo difficile da far digerire agli elettori più nuovisti e filogrillini, troppo forte il rischio di scissione. Il capo dello Stato allora ha messo in pista il cavallo di riserva, giudicato «meno divisivo» dal corpaccione del partito. «Non potete dire no al vostro vicesegretario - l'ammonimento di un Napolitano al limite dell'esasperazione - ora scordatevi la bassa intensità, dovete impegnarvi a fondo. Non voglio entrare sui nomi dei ministri, però devono essere di primo piano».
Ma la scelta Letta, pure apprezzato come persona, ha irrigidito il Pdl, costringendo il presidente a un supplemento di mediazione. Berlusconi l'ha incalzato fino a un minuto prima di imbarcarsi per Dallas. «Eravamo d'accordo su Giuliano Amato - il ragionamento del Cavaliere - adesso cambia tutta la prospettiva». «Sì, però eravate disposti ad appoggiare pure un gabinetto Bersani», il succo della replica di Napolitano. «Purché si tratti di un governo forte e duraturo». E su questo il capo dello Stato è d'accordo.
I contatti, attraverso gli ambasciatori, sono andati avanti per tutta la mattinata. Quando a mezzogiorno e mezzo, guidando della sua macchina, Letta entrava al Quirinale, la trattativa era tutt'altro che conclusa. Il Pd insisterà nel suo gioco al ribasso? Proporrà al centrodestra delle condizioni inaccettabili? E il Pdl, insisterà su tutti i suoi otto punti? Pretenderà la restituzione dell'Imu? Allo stato non è ben chiaro che i partiti stanno alzando la posta soltanto per guadagnare una migliore posizione negoziale, o se stiano cercando di rompere addossando agli altri la responsabilità del fallimento.
Si vedrà. Napolitano ha deciso comunque di provarci, perché il tempo è scaduto. «Il presidente ha dovuto agire con determinazione», commenta Pietro Grasso. «È come il motorino di avviamento della mia Panda», sostiene lo «sconfitto» Giuliano Amato. E ora, davanti a taccuini e microfoni, il capo dello Stato «protegge» Letta. «Nella mia scelta - spiega - ho tenuto conto delle consultazioni. Non ci sono state pregiudiziali, anzi sono stati espressi apertamente apprezzamenti per la persona, che ha caratteristiche eccellenti per guidare il governo in una situazione così complessa». Ora è cambiato le scenario e serve un disarmo bilanciato. «Ci sono ancora ricadute polemiche di stagioni immediatamente precedenti, per una larga convergenza è essenziale un clima di rispetto reciproco».
E i partiti, conclude Napolitano, non possono rimangiarsi le promesse che hanno fatto chiedendomi il bis. «È stata importante la decisione della direzione del Pd. Sappiamo anche quale sia l'impegno del Pdl che nell'incontro di ieri è stato a me ribadito nel modo più categorico dal presidente Berlusconi». Perciò, «spero che tutti collaborino invece di rinfocolare vecchie tensioni».
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