
Ma com'è largo questo campo. E com'è coerente questo Conte: rischia si sembrare il vecchio Di Pietro con la sua Italia dei Valori, quello che a Roma tuonava e poi nel paesello raccoglieva. Ecco dunque la versione contemporanea: a San Giovanni Rotondo, cioè nella Ceppaloni appunto di Conte (quello dove era venuto a sostenere il «suo» sindaco in campagna elettorale) adesso va a finire che loro, gli integerrimi del Movimento, faranno squadra con Forza Italia e con altri demoni: possibile? No, impossibile: Conte aveva detto che avrebbe rifiutato accordi con berlusconiani e Lega e Fratelli d'Italia, ossia con forze politiche incompatibili (eccetera) con i valori fondanti (eccetera) del Movimento. Certo che l'aveva detto, e pure un sacco di volte: ma qui si parla di numeri, non di idee, anche a San Giovanni Rotondo mancano entrambi. Il problema è che il prefetto è stato chiaro: se entro 20 giorni non verrà approvato il rendiconto di gestione (2024) il consiglio comunale andrà a casa, e con lui il sindaco Filippo Barbano, ufficialmente dimissionario già da una settimana. Che fare? I colloqui sono quelli che sono, non li nascondono neanche più: Barbano sta provando a chiudere accordi con Mimmo Longo (Forza Italia) e con Mimmo Gemma (Noi moderati) e questo a dispetto di veti e controveti: da una parte ci sono i vertici regionali degli azzurri che hanno vietato ogni forma di sostegno ai Cinque Stelle, dall'altra, a Roma, c'è Giuseppe Conte che ecco, come dire, insomma: Conte non ha detto niente. Riecheggiano solo le sue parole che invitavano alla «coerenza» e al rispetto dei «principi», queste cose, concetti al solito distanti dalla «logica delle poltrone» e insomma scampagnate elettorali. Oltretutto, del veto di Forza Italia, il consigliere Mimmo Longo non sembra proprio curarsi (si vocifera di un suo passaggio alla Lega) ed è stato lui il primo a venire allo scoperto: ha detto che un eventuale accordo avrebbe l'obiettivo di evitare il commissariamento. Bene, ma Giuseppe Conte? Silenzio. Sul palco, ai comizi, meno di un anno fa, c'erano anche l'europarlamentare Mario Furore, la consigliera regionale Rosa Barone e il referente regionale Leonardo Donno: ma anche loro, ora, muti e defilati, mentre nelle retrovie si parlicchia con Satana.
Già viste, queste scene in cui si replica localmente la narrazione che a Roma si dice di voler combattere. Già vista a Laives, Alto Adige, dove nel 2015 il movimento sostenne un sindaco di centrodestra in cambio di qualche promessa sul programma. Già viste a Rimini nel 2021, dove il Movimento appoggiò la candidatura di una lista aperta alla destra. Già vista, nello stesso anno, anche a Bogliasco (Liguria) dove il Movimento appoggiò una coalizione con forze moderate e civiche. Ma soprattutto già vista, un centinaio di chilometri più a Nord, una ventina di anni fa, quando a Roma Antonio Di Pietro tuonava contro Berlusconi (a dir poco) e nella sua Ceppaloni molisana ci si alleava alla grande. Accadde quando vollero costruire un'autostrada da 3 miliardi di euro in Molise.
Ma, in Lombardia, Di Pietro aveva già trovato un accordo anche con Roberto Formigoni per l'autostrada Bre.Be.Mi.L'Italia dei Valori e Forza Italia governavano insieme per a Venafro, in provincia di Isernia: eccetera. Ma forse è poco interessante. È roba vecchia. Ne è passato di liquame sotto i ponti.