MilanoCompatibili. Come due caratteri diversi o due incarichi che possono convivere. Così sono Giulio Tremonti e la Nuova Destra che riparte da Milano, piazza Città di Lombardia, per inventare un futuro nuovo. L'ex ministro dell'Economia, diventato ideologo della Lega ultimo stile, è l'uomo del giorno sul palco e tra i divanetti delle Giornate tricolore ospitate sotto il grattacielo della Regione Lombardia. «È una persona compatibile con noi. I suoi valori e le sue tesi politiche ci piacciono. Lo apprezziamo e lo stimiamo» dice il pontiere Ignazio La Russa tenendolo saldamente per un braccio. «Nel cammino verso il nuovo centrodestra lo sentiamo vicino, come tutti coloro che avvertono la necessità di uscire da questa fase». Se non è una dichiarazione d'amore, è una sicura manifestazione d'interesse.
E così rieccoli come ai vecchi tempi. Lui, uomo del Pdl vicinissimo alla Lega, era il potente titolare dell'Economia nel governo Berlusconi in cui era ministro anche La Russa. I rapporti personali sono sempre rimasti ottimi, anche quando tra gli ex An e Tremonti le opinioni erano diametralmente opposte, nelle ore cupe dei «tagli trasversali» e dei cordoni del bilancio stretti ai fianchi dell'ex ministro dell'Economia.
La mente di Tremonti, intervistato da Gennaro Malgieri, vola alla fine di quella corsa, quando il IV governo Berlusconi ha ceduto il passo a Mario Monti e alla sua squadra di tecnici. Era il novembre 2011 e Tremonti non ha dimenticato quei giorni, ricorda il piccolo colpo di Stato con cui è caduto il governo, licenziato con «una lettera mandata dal sistema bancario, firmata da Trichet e Draghi». Il suo nemico si chiama «mercatismo», la dittatura della finanza sulla politica e anche sull'economia, questo «blocco di potere enorme» nelle mani di «cinquanta persone che dominano il mondo». Lui li definisce con sarcasmo «circoli di illuminati» o senza mezzi termini «deficienti». È il nucleo della dottrina politica del ministro professore.
Il suo argomentare piace qui tra gli esponenti di Fratelli d'Italia in cerca di futura identità. Giorgia Meloni, la leader della destra che sarà, spiega: «Abbiamo invitato più il Tremonti autore che il Tremonti ministro: ci piacciono le sue posizioni anti tecnocratiche e il suo modo di vedere il rapporto con l'Europa. La nostra è una tradizione storica di grande apertura. Non invitiamo per inglobare». Qualche perplessità esplicita da Guido Crosetto: «Non sono mai mancati i punti di divergenza». È vero. O meglio, è un eufemismo. Fu l'ex sottosegretario nel giugno 2011 a definire la finanziaria «manovra da psichiatri», ideata per far saltare banco e governo. All'intellettuale scrittore chapeau: «Che Tremonti sia intelligente non ho nessuna difficoltà a dirlo».
E allora che cosa hanno in comune Tremonti e la destra? E soprattutto si vede un futuro insieme? Francesco Storace, che si aggira come ospite pesante della kermesse tricolore, vede sintonia: «Lui è stato accusato di essere molto di area ex socialista, ma abbiamo molti punti in comune. D'altra parte non vogliamo tornare all'ex An, ma puntare a una next An». Ironizza: «Se sono fiamme bruceranno, se son rose fioriranno».
L'intervistatore, l'ex direttore del Secolo d'Italia Gennaro Malgeri, entra nei dettagli di queste affinità elettive: «La sua analisi del mercatismo coincide in toto con la visione della società, dell'economia e dello Stato umanistica come risposta alle conseguenze nefaste di una politica e di un'Europa asservita ai poteri forti». In un'analisi più terra terra, Tremonti può essere l'uomo giusto per catturare i voti dei leghisti in libera uscita. Tutti si chiedono se sta con Maroni o con Bossi. Per il momento eccolo alla festa della destra.
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