Gli ebrei «assolvono» i Nar «Su Bologna nuove indagini»

Gli ebrei «assolvono» i Nar «Su Bologna nuove indagini»

Gli ebrei al fianco degli ex neofascisti Mambro e Fioravanti per chiedere la verità sulla strage di Bologna. Una verità opposta a quella acclarata in indagini a senso unico nelle aule di giustizia, nel senso che sta portando dritta dentro la nebulosa terroristica palestinese dell'epoca. La comunità ebraica di Roma, per bocca del suo presidente Riccardo Pacifici, è scettica sulla pista nera per la bomba del 2 agosto 1980. È una ricostruzione ideologica, prima ancora che giudiziaria. Che ha fatto torto alla verità e alla giustizia dovute alle vittime e ai loro familiari. «Quello che chiediamo è di riaprire le indagini e non accettare l'unica verità» che ha spedito all'ergastolo i vecchi capi dei Nar in un processo dove mancano movente, mandanti ed esecutori materiali, e dove la prova inoppugnabile della presunta colpevolezza è nella loro dichiarata appartenenza politica.
Poco, per il più grave attentato della storia d'Italia. Per questo, il capo degli ebrei romani ha chiesto che sia fatta luce anche e soprattutto sul ruolo del terrorismo arabo in Italia e sul cosidetto «lodo Moro», che avrebbe assicurato libertà di movimento ai fedayn del Fplp in cambio dell'esclusione del nostro Paese dalla lista dei bersagli terroristici. Una «trattativa» oscura tra Stato e terroristi, che non ha comunque impedito che 83 connazionali rimanessero uccisi in azioni di rappresaglia in Italia o all'estero tra il 1968 e il 1988. E che non ha frenato l'escalation di violenza sul territorio italiano sfociato in dieci dirottamenti aerei e in oltre venti attentati dinamitardi tra Roma, Milano, Napoli e Trieste. Vittime di cui nessuno sembra ricordarsi, nei giorni della memoria. Vittime – come ha scritto Fioravanti al Giornale nell'ultima a ricorrenza del 2 agosto – su cui è calato una spessa coltre di silenzio.
In procura a Bologna un fascicolo sulla matrice palestinese dell'attentato si sta riempiendo di informazioni clamorose. Ci sono anche due indagati, appartenenti alla rete terroristica Separat del terrorista Hilich Ramirez Carlos, detto lo Sciacallo: si tratta di Thomas Kram e Christa-Margot Frohlich, entrambi presenti a Bologna il giorno dell'esplosione. Il pm Cieri li interrogherà tra qualche settimana in Germania insieme ad altri due testimoni che potrebbero essere a conoscenza di parecchi segreti su quella stagione di sangue. Si tratta di Johannes Weinrich e Magdalena Kopp, ex compagna di quello «sciacallo» che ha invano chiesto di essere ascoltato in Italia. Anche per Carlos gli ex Nar nulla c'entrano («L'attentato non è opera dei fascisti», ha ripetuto più volte). A suo dire si tratta di un complotto per nascondere le responsabilità di Cia e Mossad. Quanto a Kram dovrà spiegare al pm Cieri che cosa ci faceva in un albergo a pochi passi dalla stazione la notte del 1° agosto 1980 (dove, si è appena scoperto, avrebbe soggiornato lo stesso giorno anche un importante esponente delle Brigate rosse) e, cosa ancor più importante, per quale motivo abbia mentito sui suoi spostamenti in Italia dopo la strage. Il terrorista ha sempre sostenuto di essere stato a Firenze nei giorni successivi all'attentato quando s'è scoperto non essere così. Il 5 agosto 1980, Kram è stato segnalato dagli 007 della Stasi a Berlino est. Qui si è incontrato con Carlos, Weinrich e la Kopp per discutere – secondo gli investigatori – del disastro di Bologna. Lo Sciacallo, d'altronde, ha ammesso di essere stato aggiornato in tempo reale della bomba: «Noi eravamo organizzati militarmente, per questo subito dopo lo scoppio a Bologna ho ricevuto un rapporto». Redatto dalla Kopp. Che cosa c'era scritto? «Andate a chiederlo a lei...», è stata la risposta del superterrorista venezuelano. La strage di Bologna rappresenterebbe la rappresaglia dei palestinesi alla violazione del «lodo Moro», verificatasi con l'arresto a Bologna (novembre '79) e la condanna del responsabile per l'Italia del Fplp Abu Anzeh Saleh perché coinvolto, con tre militanti dell'Autonomia operaia nelle indagini sul ritrovamento di due missili sovietici Sam-7 Strela, pronti ad essere imbarcati al porto di Ortona sulla motonave Sidon diretta in Libano.

L'antiterrorismo dell'epoca diramò una nota agghiacciante: «Fonte qualificata ha riferito che la condanna dell'arabo Abu Anzeh Saleh ha determinato negative reazioni negli ambienti del Fplp e non viene escluso che, da parte della stessa organizzazione, possa essere tentata una ritorsione nei confronti del nostro Paese». Al movimento Aut Op apparteneva anche un ragazzo dilaniato dall'esplosivo piazzato a poca distanza dalla stazione. Un'altra coincidenza.

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