Ecco chi c'è dietro il (nuovo) Partito Comunista Italiano

Risalendo alle origini del (nuovo) Pci è emerso che a fondarlo sono stati Giuseppe Maj e Giuseppe Czeppel, nomi noti agli inquirenti italiani e francesi

Ecco chi c'è dietro il (nuovo) Partito Comunista Italiano

Dallo scorso agosto il (nuovo) Pci è salito alla ribalta delle cronache per la lista di proscrizione dei "sionisti", all'interno della quale sono stati inseriti i nomi di giornalisti, politici, imprenditori, esponenti del mondo culturale e aziende, che avrebbero la colpa di sostenere Israele nella guerra contro Hamas. Si è acceso un faro su questa organizzazione anche e soprattutto per i toni utilizzati nei comunicati dal taglio eversivo, che invitano, tra le altre cose, a "rovesciare il governo Meloni rendendo ingovernabile il Paese fino a imporre un governo d’emergenza espressione degli organismi operai e popolari e del resto delle masse organizzate". Nonostante gli intenti e i toni, finora si è considerato il (nuovo) Pci come un'organizzazione secondaria, di poca importanza. Per capire meglio come possa muoversi, il Giornale ha indagato sulle origini di questo movimento, scoprendo, nelle sue fondamenta, collegamenti diretti con il terrorismo degli anni Settanta, Ottanta e Novanta.

Il (nuovo) Pci, infatti, nonostante le cronache se ne stiano interessando con regolarità solo da qualche settimana, mette le sue radici oltre 20 anni fa, nel febbraio 1999. I toni dei comunicati di allora sono gli stessi di quelli di oggi. Il 1999 non è un anno come gli altri perché, in quello stesso anno, le nuove Brigate Rosse compiono la loro prima azione, uccidendo Massimo D'Antona. E, forse, tra le due organizzazioni esiste un collegamento. Tra i fondatori del (nuovo) Partito Comunista Italiano ci sono due soggetti noti agli ambienti investigativi del terrorismo, Giuseppe Maj e Giuseppe Czeppel, fondatori anche dei Carc, i Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, dai quali formalmente si allontanano per seguire il progetto di fondazione del nPci.

Vengono entrambi arrestati nel 2003 a Parigi per associazione sovversiva e produzione di documenti d'identità falsi, nonché perché fu individuato un collegamento logistico con la formazione terroristica spagnola denominata Grapo (Gruppo di resistenza antifascista primo ottobre). La polizia francese effettuò perquisizioni e arresti in ragione di una rogatoria internazionale nell'ambito di due diverse inchieste da parte delle procure di Bologna e Napoli. La prima era impegnata nelle indagini per l'assassinio del professor Marco Biagi, la seconda per la fondazione di un nuovo gruppo sovversivo. I due vennero rilasciati dalle autorità di Parigi dopo 6 mesi di reclusione con l'obbligo di firma e un anno dopo tornarono in clandestinità, rivendicando la propria scelta nel dicembre 2004. Una clandestinità che dura pochi mesi, perché nel maggio 2005 i due vengono nuovamente arrestati dalla polizia francese. In un articolo di quell'anno del TgCom, i due vengono considerati "vicini ad ex brigatisti rossi". E non è un caso che tutt'oggi l'unico riferimento del nPci porti in Francia.

Il 1 agosto 2006, così come si legge da un rapporto stenografico di un question time rivolto all'allora ministro degli Affari esteri, Franco Frattini, da poco insediatosi dopo la caduta del governo Prodi II, emerge che i due vennero rilasciati dalle autorità francesi il 22 e il 24 maggio di quello stesso anno, un anno dopo l'arresto. Risalente al gennaio di quello stesso anno, però, si trova un documento vergato dal "Comitato di aiuto ai prigionieri politici del (nuovo) Partito Comunista Italiano - Parigi", che chiede "la lotta per la liberazione dei compagni Maj e Czeppel". Ma chi sono Maj e Czeppel? Di loro non esistono immagini pubbliche e del secondo sono arrivate a noi relativamente poche informazioni, se non alcune lettere inviate ai "compagni" del nPci. In una in particolare, datata 29 dicembre 2017, si legge: "Ho abitato a Gratosoglio dal 1965, quando io avevo cinque anni e il nuovo quartiere era ancora in costruzione, fino al 2001 quando il (nuovo)PCI mi ha chiesto di partire per integrarmi in una sua struttura clandestina". Una clandestinità che tutt'ora perdura.

Più informazioni, invece, possono essere reperite su Giuseppe Maj, che ha vergato un comunicato per il nPc il 24 settembre 2024, per conto del Comitato Centrale del (n)PCI. In queste poche righe scritte in occasione del Forum “Elogio del comunismo del Novecento”, Maj scrive che "occorre che i comunisti di ogni Paese imperialista, e quindi anche in Italia, si impegnino a costruire nel proprio Paese un partito comunista come insegnato da Lenin, proseguito da Stalin e ulteriormente illustrato da Mao Tse-tung". Un partito per, tra le alte cose, "combattere una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata che inizi dalla costituzione del Governo di Blocco Popolare e sfoci nell’instaurazione del socialismo".

Di Giuseppe Maj, in un articolo dell'Eco di Bergamo del giugno 2003, si dice che "si era reso irreperibile nel maggio del ’99, proprio dopo l’omicidio D’Antona". Di questa informazione si trova traccia anche nel rapporto stenografico di un question time del 10 luglio 2001 per un'interrogazione di Vincenzo Fragalà al ministro della Giustizia. Qui si legge che "secondo notizie riportate da organi di stampa (Il Giornale 2 luglio 2001) il Sisde avrebbe segnalato già nel 1999 che il latitante rosso Giuseppe Maj, fuggito all'estero all'indomani del delitto D'Antona si trovava a Belgrado, dove sarebbe rimasto sino al maggio del 2000, fissandovi nel febbraio di quello stesso anno addirittura la propria residenza; sempre dallo stesso servizio è stato accertato che Maj non era solo a Belgrado ma bensì che a Belgrado offriva ospitalità anche ad altri esponenti del terrorismo". Nel 2009, Maj venne assolto nel processo D'Antona, che lo vedeva imputato perché "prosciolto da tutti i capi di accusa", riferirono i suoi avvocati.

Di Maj si trova traccia, con un paragrafo dedicato, nel documento "La dimensione sovranazionale del fenomeno eversivo in Italia", presente negli archivi del Senato, definito come "La dimensione sovranazionale del fenomeno eversivo in Italia", redatto dal senatore Alfredo Mantica e dal deputato Vincenzo Fragalà e reso pubblico il 31 luglio 2000, prima dell'arresto in Francia di Maj e Czeppel. Qui, si legge che 1966 Maj era direttore politico dell'opuscolo "Rivoluzione Proletaria" e che era fratello di Luigi Maj, ai tempi latitante in Francia, da poco scomparso. Nel documento viene riferito che Giuseppe Maj viene "arrestato per la prima volta l’8 febbraio 1985 con l’accusa di associazione sovversiva e partecipazione a banda armata" nell'ambito di un'ampia operazione che, si legge, "porterà in carcere alcuni esponenti del Coordinamento dei Comitati contro la Repressione sospettati di militare nelle Brigate Rosse".

E ancora, nel rapporto si legge che Maj è "attestato, fin dai primi anni Settanta, su posizioni oltranziste, tendenti a contrastare il flusso di informazioni sulla liberazione dei detenuti politici, sia italiani che esteri proveniente dalla cosiddetta stampa di regime". E viene anche sottolineato il collegamento con le formazioni rivoluzionarie straniere come "il Grapo spagnolo, ma anche della tedesca Raf, della francese Action Directe e delle Cellule Comuniste Combattenti belghe".

Nel primo opuscolo de LaVoce, ancora oggi diffuso dal nPci, risalente al 1999, gli onorevoli scrivono: "Si afferma in maniera esplicita, fra l’altro, che l’organismo in via di costituzione dovrà necessariamente caratterizzarsi per l’adozione di una struttura clandestina che diriga gli altri movimenti legali". Struttura clandestina che viene tutt'oggi rivendicata in ogni documento che viene pubblicato e diffuso dal nPci.

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