
Indietro non si torna più, o quasi. In attesa dell'approvazione della Corte dei conti («entro un mesetto», dicono dal ministero dei Trasporti) si parte con gli espropri dei terreni dove verrà realizzato il Ponte sullo Stretto e le opere collegate, decine di chilometri di strade e ferrovie e la metropolitana dello Stretto. Opere «vitali per l'economia e strategiche per gli investimenti», ricorda Confindustria. Parliamo di 3,7 milioni di metri quadrati: non solo case ma anche terreni, agrumeti, vigneti e uliveti. «L'esproprio è un istituto usato tantissime volte per realizzare infrastrutture dal grande interesse pubblico», ricorda la parlamentare di Forza Italia Matilde Siracusano.
Gli edifici da abbattere saranno 443 (291 in Sicilia e 152 in Calabria, circa il 60% sono «prime case»), in mano a 2.792 intestatari (tra cui anche familiari di boss) residenti in otto Comuni del versante calabrese e sei di quello siciliano. «Le persone coinvolte saranno indennizzate con una quota maggiore rispetto al valore - dice di buon mattino il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini a Rtl 102,5 - l'obiettivo è il 2032 poi tutto può succedere: abbiamo visto guerre, Covid e caro benzina, spero che la sorte ci accompagni».
Il decreto Infrastrutture ha semplificato le procedure. Il costo degli espropri dovrebbe essere di 215 milioni, ma ne sono stati accantonati 300: dipenderà tutto dalla disponibilità o dalla resistenza dei proprietari. Chi è proprietario
da più di 12 mesi e lascia la casa con cessione volontaria prende il 15% in più del valore della compravendita (esentasse) e un bonus di «ricollocazione abitativa» fino a 40mila euro, per quelli che da Piano particellare di esproprio ospitano la sede operativa delle imprese il valore sarà aumentato del 9% (+3% sulle aree scoperte). Chi deve chiudere un'impresa avrà un'indennità per ristorare sia la perdita delle attrezzature, dei macchinari e dei materiali aziendali, sia il loro recupero e trasferimento.
Bisognerà vedere quante delle 800 persone che in due mesi si sono rivolti agli sportelli informativi sugli espropri aperti per due mesi a Messina e Villa San Giovanni, «un buon segno» secondo l'ingegner Gioacchino Lucangeli, responsabile della macrostruttura Espropri di Stretto di Messina, accetteranno una procedura bonaria: per i terreni, entro 60 giorni verrebbe corrisposto l'80% dell'indennità, con conseguente «immissione in possesso», il restante 20% verrebbe pagato al rogito, con un «cassetto virtuale» per dematerializzare lo scambio di documenti e l'accesso agli atti.
Le aree più colpite sono quelle dove sorgerà la base di fondazione dei piloni, Torre Faro a Messina e Cannitello in Calabria. Zone in cui insistono attività commerciali, case, ristoranti, bar, stabilimenti balneari. «Il Ponte andrà a riscrivere completamente le vite di tutti noi», dice il sindaco di Messina Federico Basile. Le situazioni più complesse sono nelle adiacenze del cimitero di Granatari a Torre Faro (due cappelle verranno abbattute) con 230 delle 448 unità immobiliari e una villa liberty degli
Anni 20, il «Villino delle Rose». Anche chi ha immobili cosiddetti «frontisti», non espropriati ma adiacenti alle opere, saranno indennizzati. C'è anche «l'occupazione temporanea», che prevede la restituzione delle aree ai proprietari, pagata un dodicesimo del valore di mercato dell'immobile occupato per ogni anno, calcolato per il periodo di mancata fruizione.
Nella sponda calabrese i Comuni più coinvolti sono Villa San Giovanni - di fatto spaccata in due - e Campo Calabro, oltre a Melicuccà e Gioia Tauro. Verrà sostanzialmente rifatto l'intero quartiere di Piale, dove sorgerà il Centro direzionale dell'archistar Daniel Libeskind. Da quelle parti il valore medio delle abitazioni è di 2.805 a metro quadro, il triplo del valore di mercato. Ma ci saranno opere realizzate anche a 35 km da Messina (nel comune di Torregrotta) e a 60 km, nella lontana Limbadi (Vibo Valentia).
In caso di contenzioso l'indennità verrà calcolata in via amministrativa o giudiziale, con la possibilità di avvalersi di una terna arbitrale composta da tecnici: diffide, reclami, ricorsi ed esposti di abitanti e comitati ambientalisti hanno poche speranze di evitare l'esproprio, lo Stato può far valere la
clausola di pubblica utilità con la procedura di occupazione di urgenza ai sensi dell'articolo 22 bis del Dpr 327/2001 sulle Grandi opere. Con l'incognita dei picchetti No Ponte e delle proteste di chi non vuole lasciare.