La faccia tosta di Conte: il primo responsabile dei ritardi del Pnrr fu lui

Il leader del Movimento 5 Stelle cerca di addossare tutte le criticità del Piano al governo Meloni, tendendo ipocritamente la mano per collaborare a rimediare gli errori, ma dimostra tutta la sua memoria corta

La faccia tosta di Conte: il primo responsabile dei ritardi del Pnrr fu lui

Verrebbe quasi voglia di rispondergli con un secco "No, grazie", ma poi si rischierebbe di far cadere il (buon) senso istituzionale di responsabilità. Fatto sta che Giuseppe Conte ha dimostrato tutta la sua faccia tosta con la sua disponibilità a "sedersi a un tavolo" per "dare il proprio contributo nell'interesse comune" sulle criticità del Pnrr emerse tanto a Bruxelles quanto a Roma. Il leader del Movimento 5 Stelle ha parlato di una "mano tesa al Paese intero", senza lesinare forti accenti propagandistici. La tendenza che è emersa dalle parole dell'ex presidente del Consiglio, infatti, non trascura tentativi strumentalizzazioni contro la maggioranza quando si indica la volontà di "rimediare ai ritardi collezionati in questi mesi e agli errori sin qui commessi". Peccato che il Piano fosse già sbagliato in origine. Ed era stato incardinato (guarda caso) da Conte medesimo.

Che cosa non torna nel ragionamento di Conte

Insomma, il tentativo di Giuseppi è chiaro: far finta di volere aiutare il governo nella ristrutturazione del Pnrr ma, al tempo stesso, imputargli tutte le responsabilità e i ritardi del caso. La proposta di Conte è stata comunque accolta e apprezzata dal centrodestra, che ha dimostrato in questo frangente tutta la propria superiorità istituzionale davanti all'ipocrisia del gesto. Tuttavia l'intenzione della maggioranza è quella di non prestare il fianco a polemiche e "scaricabarile". Lo ha chiarito in maniera netta il nuovo capogruppo alla Camera di Forza Italia, Paolo Barelli, il quale ha sottolineato che non c'è alcuna difficoltà "ad accogliere la proposta di Conte per un tavolo sul Pnrr che ci veda tutti assieme", avvertendo però che "deve essere un tavolo informativo e partecipativo, che tenga conto della realtà e soprattutto non strumentale a creare polemiche".

Anche perché Conte ha voluto anche dettare "due precondizioni a Giorgia Meloni": "La prima è una grande operazione di trasparenza, assolutamente necessaria a individuare cosa non sta funzionando e dove occorre intervenire. La seconda è l’ascolto delle proposte del M5S e delle altre forze politiche, anche di opposizione, che vorranno offrire il proprio contributo". A parte il fatto che l'operazione trasparenza, in realtà, è già in atto: il governo l'ha avviata immediatamente e rilanciata con estrema forza nel momento stesso in cui con l'Unione Europea ha concordato un ulteriore mese di verifica sulla terza tranche di fondi. Ma quello che rimane politicamente inaccettabile è lo sgambetto mediatico del presidente dei 5 Stelle di fare passare non solo l'attuale esecutivo come responsabile delle difficoltà, ma anche se stesso come salvatore della patria. "Vedrete, di questo passo mi accuseranno di aver portato troppi soldi in Italia per nascondere l'imbarazzo di non riuscire a spenderli…", ha replicato ironicamente ai cronisti.

Bonomi fulmine il leader dei 5 Stelle

Ma qua c'è ben poco da scherzare su questo tema, perché Conte ha la memoria corta su quello che è capitato tre anni fa riguardo al Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza. A ricordargli cos'è successo esattamente e com'erano andate andate le cose durante gli Stati generali ci ha pensato direttamente Carlo Bonomi, che proprio recentemente ha spiegato la vicenda. "Ricordo com'è nato il Pnrr: a Villa Pamphili nel giugno del 2020 - afferma il presidente di Confindustria -. Lì ebbi un confronto con Conte perché noi immaginavamo un Piano che si concentrasse a rafforzare il potenziale di crescita del Paese. Ci siamo invece ritrovati di fronte a una serie di interventi a pioggia". Quindi, Bonomi punta l'indice direttamente contro Conte. "Poi è arrivato il governo di Mario Draghi, certo.

Ma ebbe quaranta giorni per rifare il piano, non ci fu il tempo di cambiare molto". Un'altra gaffe quindi per Conte, alla ricerca disperata di una visibilità per non perdere consensi a favore del Pd.

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