La fantagiustizia di Gruber e Scalfari: com'è chic parlare del detenuto Silvio

In tv il fondatore di Repubblica e Floris pasticciano su domiciliari e servizi sociali

La fantagiustizia di Gruber e Scalfari: com'è chic parlare del detenuto Silvio

Il salotto di Otto e mezzo. Un parterre de roi: Lilli Gruber dialoga con Eugenio Scalfari e Giovanni Floris. Il fondatore di Repubblica ci tiene subito a precisare che lui è «il padre nobile del quotidiano». Ci mancherebbe. Chapeau. Poi, districato l'albero genealogico, si avventura in un terreno che non dev'essere il suo: Scalfari, com'è universalmente noto, sa di politica, di economia e pure di metafisica, ma la vita quotidiana di chi è sottoposto al controllo della legge non è il suo pane. Tanto per cambiare si parla di Berlusconi e l'ex direttore multitasking, spalleggiato dal conduttore di Ballarò, prova ad entrare nel futuro del Cavaliere: «Qui la gente non ha capito bene, pensa che Berlusconi ai servizi sociali possa chiacchierare, stringere la mano, andare al bar» e via di questo comodo passo. Quasi vacanziero.
Eh no, troppo facile. Soft. Easy. Vuoi mettere. «Lui - dottoreggia il grande vecchio del giornalismo italiano ormai prossimo al traguardo dei novant'anni - è agli arresti domiciliari». La Gruber, affascinata dalla sua prosa ma senza smarrire la bussola della buona conduzione, prova elegantemente ad uscire dal pasticcio: «Delle due l'una: o ai domiciliari o ai servizi sociali». Come capita quando si arriva ad un bivio. Un bivio studiato e sviscerato sui giornali da settimane, anzi da mesi con articoli che hanno saturato perfino le pagine gloriose di Repubblica. Ma Scalfari non molla l'osso, la sua ossessione ventennale: «No, no, lui è ai domiciliari». «Il percorso - viene in suo soccorso Floris - è coatto. E anche la residenza».
Che vuol dire che il percorso è coatto? Scalfari, sempre più multitasking, s'improvvisa anche professore di diritto: «Quando esce di casa viene accompagnato da una guardia penitenziaria, dagli agenti i quali lo accompagnano, lo prendono in consegna, lo collocano al lavoro» in quell'ente che ancora non sappiamo quale sarà, e poi «lo riaccompagnano a casa e lo depositano ad Arcore o a Palazzo Grazioli, nella residenza che sceglierà». Comunque, Floris dixit, «coatta». La confusione regna sovrana. E avanti a spiegare che agli arresti domiciliari, che a voler essere pignoli sarebbe più corretto chiamare detenzione domiciliare, non si può telefonare, non si può incontrare nessuno, eccetto i parenti stretti, non si può fare nulla di nulla. Peccato che nella variante scalfariana i domiciliari si sovrappongano all'affidamento in prova che però è tutt'altra cosa. Non a caso, gli avvocati hanno spinto il Cavaliere su quella strada perché in quel caso Berlusconi avrebbe una certa agibilità, come va di moda dire oggi. In sostanza chi è ai servizi sociali lavora per qualche ente con cadenza quotidiana ed effettua colloqui periodici con gli assistenti sociali. Punto. Certo, il condannato non può circolare di notte, il passaporto è solo un ricordo, come è già per il Cavaliere, non può uscire senza permesso dalla regione in cui vive e i cultori della materia sottolineano che non può frequentare pregiudicati. Ma a spanne un leader politico può continuare a svolgere il proprio ruolo.
Scalfari invece vede solo guardie e agenti. Divise e uniformi. Forse immagina anche uno sbattere di porte e di chiavistelli. Anche se parla con tono pacato, misurato, a voce bassa, quasi con una punta di distacco. Insomma, spingi spingi, si ritaglia un Cavaliere chiuso in cella. Formato detenuto doc. La realtà pare un po' diversa. Ma non nel salotto. «Quando ha detto che non andrà a pulire i cessi - aggiunge Floris - Berlusconi ha pregiudicato i servizi sociali», insomma avrebbe incrinato il percorso di ravvedimento e contrizione che dovrebbe traghettarlo verso l'affidamento in prova.

Ormai irraggiungibile come un miraggio nel deserto, almeno a sentire le levigate riflessioni in studio. Mah. «Nulla è scontato», è la saggia conclusione. Anche quello che arriva dal teleschermo all'ora di cena.


di Stefano Zurlo

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica