La farsa dei tagli alla spesa pubblica

Amministrare il Paese non è come giocare a poker, ma per il governo è giunto il mo­mento di mettere le carte in tavola. Basta con i bluff

La farsa dei tagli alla spesa pubblica

Amministrare il Paese non è come giocare a poker, ma per il governo è giunto il mo­mento di mettere le carte in tavola. Basta con i bluff. I primi sei mesi sono serviti a Mario Monti per portare le tasse italiane al massimo mondiale. E i motivi che hanno indotto il presidente a farlo sono noti: lo spread (che poi sale lo stesso), la Borsa (che poi scende lo stesso), il debito pubblico (che si è impennato lo stesso) e il denaro fresco (che poi manca lo stesso).

Il premier esordì in autunno lanciando uno slo­gan: rigore ed equità. Che il popolo ha preso per buo­no. E, con rassegnazione, ha pagato tutto ciò che gli è stato chiesto di pagare. Se rigore deve essere - ha pen­sato- che rigore sia. Ma finora si è assistito a uno stra­no fenomeno. I sacrifici sono toccati soltanto ai citta­dini: Iva, benzina, tabacchi, Imu eccetera. Lo Stato, invece,riforma dell’età pensionabile a parte, non ne ha fatti; non ha tirato la cinghia e ha continuato a spendere e spandere.

Anche l’equità, quindi, è andata a farsi benedire. Un esecutivo che usa il bastone fiscale contro i contri­buenti, e si guarda dal tagliare la spesa corrente, cau­sa del bilancio in rosso, è iniquo e stolto.

Il rigore è tale se uguale per tutti. Se, invece, chi ce lo chiede, e lo ottiene, non lo applica anche per sé, è un furfante che non merita rispetto. Ma non è mai troppo tardi per riparare. Concediamo ai professori i tempi supplementari che, comunque, hanno una scadenza: facciamo un mese a partire da oggi, visto che stasera il Consiglio dei ministri è chiamato a spie­gare in cosa consista la sua spending review . Già. I te­c­nici parlano in inglese per apparire sapienti e perché fa figo, però, in questo caso almeno, sotto la lingua di Shakespeare c’è il nulla, mentre dovrebbe esserci la revisione della spesa.

Infatti, il ministro Piero Giarda, incaricato di indivi­duare i rami secchi, ha svolto egregiamente il suo la­voro, ma i politici gli hanno riso in faccia: secchi o non secchi, quei rami non vanno neppure sfiorati. E allora, che si taglia? Siamo alle solite. Bisogna riflette­re, ponderare, valutare le conseguenze di un’even­tuale potatura. In che senso? I partiti, in parole pove­re, temono che ridurre le spese significhi scontenta­re chi riscuote e perderne il consenso. E l’esecutivo, senza l’accordo dei partiti che lo sostengono, cadrebbe. Ecco perché la spending review rischia di rimane­re un esercizio platonico, puramente teorico, privo di effetti pratici.

In altri termini.

I docenti si limiteranno a qualche piccola recisione, simbolica, indolore, insomma inefficace ai fini della sistemazione dei conti. Per ag­giustare i quali, pertanto, essi non avranno altra scelta che sfilare dalle nostre tasche i pochi euro salvati.

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