Rischia di avere un sapore un po populista la nuova tendenza gridata negli slogan di tante mostre recenti: larte per tutti. In realtà, dal punto di vista dellinvestimento, larte va maneggiata con cautela. E anche da quello dei costi. Ma una cosa è vera: nellarte cè un valore intrinseco, la bellezza, che è tanto soggettivo quanto poco economicamente valutabile. E su questo che gioca molto furbescamente la moda delle fiere dellarte a «poco prezzo» che sta contagiando lEuropa da qualche anno. Il modello è più o meno sempre lo stesso: le opere vengono esposte in spazi molto informali, spesso con gli artisti stessi presenti e pronti a dare spiegazioni e ad affabulare il pubblico. Ma a far la differenza con le consuete e serie fiere, è soprattutto labitudine di esporre le opere con vicino appeso il cartellino del prezzo. Una tendenza che fa inorridire i puristi e i collezionisti, che quando si tratta di acquistare unopera non adottano il principio del supermercato: la scelta di un lavoro è meticolosa e ponderata. E spesso non si basa sul prezzo. Figurarsi poi se il valore di unopera viene scritto su un cartellino.
Le fiere dellarte a basso costo si rivolgono a coloro i quali hanno il sogno dellarte, ma spesso non possono permetterselo. Ed ecco perché si sono diffuse a macchia dolio in tutta Italia una serie di iniziative dal sapore pop che dichiarano il prezzo fin dallo slogan con cui si presentano: «larte da cento a cinquemila euro» è il richiamo lanciato dallultima edizione italiana di «The affordable art fair», cioè, letteralmente, la fiera dellarte abbordabile, tenuta nel febbraio scorso nei capannoni del Superstudio Più di Milano.
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