Fini uccide anche il suo partito

Il presidente della Camera con un videomessaggio lancia un nuovo movimento: Mille per l’Italia (compresi i parenti). E usa la società civile per tenere la poltrona

Mille per l'Italia (parenti compresi). Gianfranco Fini è un serial killer di partiti. Li crea, li adotta, li eredita, li trasforma, li fa crescere e poi li ammazza. Qualche volta direttamente nella culla. Altre dopo che si è annoiato abbastanza, in qualche caso, come è accaduto con il Pdl, li ripudia, con la scusa che lo stanno cacciando. La costante è una collina di croci che assomiglia a un cimitero. Se fosse un imprenditore sarebbe sul libro dei protesti, ma in politica i fallimenti fanno curriculum. Fini non è certo l'unico nella storia della Repubblica ad aver fallito, solo che a lui riesce davvero difficile dire «ho sbagliato», «non sono stato abbastanza presente come leader», «non ho avuto pazienza». È sempre colpa degli altri, della squadra, dei colonnelli, di chi gli sta intorno non all'altezza della sua gelida intelligenza. È un po' come quei mezzi giocatori che non riescono a diventare leader concreti della squadra e si lamentano della campagna acquisti. Davanti alla sconfitta non ci mettono la faccia, ma la schiena. Tutto questo lo raccontano tra di loro gli ex An e, sottovoce, anche i naufraghi del Fli, quelli che ci avevano creduto davvero e si sono ritrovati rottamati dopo aver ballato una mezza estate. Vi diranno che loro si stavano giocando il tutto per tutto mentre lui, il presunto leader, stava abbarbicato sulla zattera di presidente della Camera o si immergeva da «bracconiere» a Giannutri o nelle acque più tranquille di Ponza. Il risultato che sul fronte del palco si è ritrovato il povero Bocchino, che un po' ubriaco per l'improvvisa notorietà e un po' in affanno a fare da controfigura al sub, è riuscito a indispettire tutti, seminando discordia.
Ora Fini come è suo diritto ci riprova. E visto che ormai parla solo per videomessaggi via web il suo volto e la sua voce sono apparsi sul sito www.millexlitalia.it. Ci fa sapere che ha fame e quindi sta mettendo in cantiere un nuovo partito, che con spirito garibaldino chiama Mille per l'Italia (chissà se a Quarto e a Marsala si fanno buone immersioni) e in camicia rossa è pronto a sfidare borbonici, briganti e papalini. Dopo il Fini fascista in camicia nera, quello statalista in mezze maniche, quello liberale in doppio petto blu, quello futurista in jeans e cravatta, adesso ci tocca anche il Fini risorgimentale. L'appello è a tutti gli uomini di buona volontà, ove è possibile giovani, non compromessi con partiti e partitocrazia, fuori casta, senza casta, oltre la casta, carichi di idee per un leader che di solito non ne ha ma se le spieghi bene è bravo a infiocchettarle. L'invito è ai «mille cittadini che vogliano farsi avanguardia di una nuova forma di impegno politico. A tutti quelli che non partecipano alla vita dei partiti, ma fanno politica nel mondo dell'associazionismo e del volontariato, fanno politica cercando di garantire interessi legittimi, fanno politica quando cercano di migliorare le condizioni della società attraverso la loro attività, la loro professione, le loro aspirazioni».
Niente più Fli, niente grande centro, Terzo Polo. Tutto cancellato. Quando il suo partito si è disintegrato alle amministrative, Fini ha accusato i suoi uomini di essere incompetenti. Come se lui fosse appena tornato da un bagno su Marte. Fatto sta che è proprio allora, ancora bagnato dalle alghe rosse, Fini ha avuto l'illuminazione che la sua carriera politica stava viaggiando verso il capolinea. Con Casini che l'aveva chiamato al centro solo per fargli ombra, con i voti da contare a mano, con un partito sbrindellato, con la sinistra brava a corteggiarlo quando serve, ma con nessuna voglia di imbarcarlo, Gianfranco si è guardato allo specchio e ha visto Rutelli. Stessa faccia, stessa razza.
Tutto questo accorato appello per una nuova Italia insomma serve a un solo scopo concreto: fare il futuro di Fini. È un po' come se Garibaldi, Mazzini e Cavour avessero rotto le scatole per l'unità d'Italia solo per paura di restare disoccupati. È questo il solito problema di Fini. Se uno legge quello che dice è tentato di stare con lui. E ci sono ragazzi in gamba che gli forniscono buone idee.

Davvero hanno bisogno di una maschera? Forse è arrivato il momento di scacciare i vampiri di idee e passioni. Le usano e le gettano. Lasciandole vuote. Bisogna fare scorta di aglio e paletti di frassino.
Mille per l'Italia? Meglio mille meno uno (parenti compresi).

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