"Lo querelerei anch'io...". Pure Formigli smonta Canfora

Il conduttore di Piazza Pulita incalza lo storico che aveva definito Meloni una "neonazista nell'animo": "Se mi desse del nazista mi arrabbierei moltissimo e forse la querelerei anche io"

screen da Piazza Pulita / La7
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L’insulto gratis spacciato come libertà d’espressione ha stancato perfino a sinistra. Corrado Formigli, conduttore e personalità lontana dalle istanze del centrodestra, torna sulle parole offensive di Luciano Canfora, lo storico e saggista rosso che aveva definito Giorgia Meloni una “neonazista nell’animo”, lamentando tra l'altro il sostegno di FdI ai "neonazisti ucraini". Una ricostruzione surreale che Formigli, pur essendo distante dalle posizioni dell’esecutivo, riesce a fermare e smontare in piccoli pezzi nel corso dell’ultima puntata di Piazza Pulita, su La7.

“La Meloni – spiega il giornalista – giustamente si è un po' risentita perché non è proprio bello sentirsi chiamare neonazista”. Poi, a stretto giro, arriva la stoccata definitiva: “Se lei mi desse del neonazista – ipotizza Formigli - mi arrabbierei moltissimo e forse la querelerei anche io". Ma il professore, come da copione, non fa passi indietro e rilancia tirando in ballo lo stroico siparietto tra Silvio Berlusconi e Martin Scholz: "Quando nell'Europarlamento ci fu Martin Scholz che in modo molto vibrante attaccò Berlusconi con parole dure e anche pesanti, - ricorda Canfora - Berlusconi rispose 'Sto pensando di allestire un film nel quale le affiderò il ruolo di kapò in un campo di concentramento nazista'. E aggiunge: “Non credo che Scholz sia passato subito per vie giudiziarie”. Certo, si tratta di un aneddoto ormai lontano nel tempo da noi, ma io rimpiango lo stile di Aristofane e Concleone Ateniese. Parole terribili, reazioni durissime e basta".

Di fronte a questo, la stoccata di Formigli rappresenta una presa di posizione netta e lontana dalle ambiguità dello storico. La posizione del conduttore, infatti, è tanto semplice quanto rilevante. Se da un lato esaspera il labile confine tra libertà di pensiero e licenza all’insulto gratuito, dall’altro rivela una certa immaturità di una parte dei maître à penser della sinistra nostrana. Una parte di intellettuali, professori e storici vari, accomunati dallo stesso odio verso il governo e dagli stessi metodi anti-democratici di condurre un dibattito. L’esempio più lampante è ovviamente quello del professor Luciano Canfora che prima definisce Meloni una “neonazista” e poi, con sprezzo del ridicolo, si lamenta della querela ricevuta e grida all’allarme censura.

"Io sono dolente del fatto che persone molto attive nelle loro professioni vengano trascinate in tribunale – ha spiegato il grecista solo pochi giorni fa -. È assai grave che si vogliano colpire persone impegnate nell'insegnamento. Volere tappare loro la bocca è assai più grave che prendersela con un pensionato 82enne”. Ma, tra gli altri, si possono ricordare anche le stoccate offensive della filosofa Donatella Di Cesare e il professore Christian Raimo.

La prima, come nulla fosse, aveva etichettato il ministro delle Politiche agricole e del Made in Italy, Francesco Lollobrigida, come un "governatore neo hitleriano". Il secondo, addirittura, aveva sostenuto con una tranquillità preoccupante che i “neonazisti dovrebbero essere picchiati”, in riferimento alla questione della detenuta Ilaria Salis.

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