Forza Silvio, adesso scarica la tua zavorra

Il partito carismatico concepito nel 2008 era un colosso. Adesso invece c’è troppa gente al traino di Berlusconi

Forza Silvio, adesso scarica la tua zavorra

Ernesto Galli della Log­gia è un professore uni­versitario colto e intelli­gente. Ma questo è ov­vio. Altrimenti egli non sarebbe in cattedra, quantomeno nessuno darebbe tanta importanza a ciò che scrive e dice. La sua prosa al servizio del Corriere della Sera è educata e profonda,un po’ curiale­sca com’è giusto che sia per un pensatore che, volendo dare del cretino a qualcuno, glielo deve da­re con garbo, sennò non sarebbe preso sul serio. Ieri, sul giornalone di via Solferino, non ha da­to dei cre­tini ai corti­giani di Silvio Berlu­sconi, peggio: ha det­to di loro che non contano nulla, non hanno mai contato nulla, non conteran­no mai nulla. Face­vano numero quan­do Forza Italia, pri­ma, e il Pdl, poi, avevano percen­tuali importanti. Ora che le cose so­no cambiate perché è cambiato il vento, sono soltanto pesi morti.

Il partito personale del Cavalie­re ha perso lustro e potenza, ma rimane il partito del fondatore. Sen­za di lui varrebbe zero. Hanno vo­glia i peo­nes di darsi da fare per di­mostrare il contrario e garantirsi il domani, a prescindere dal capo. Non hanno le carte in regola. Privi di personalità, incapaci di impor­si, psicologicamente sudditi del leader, non riescono non dico a co­struirsi un futuro, ma neppure a immaginarlo: sono gregari di Ber­lusconi. Contro il quale talvolta lanciano un sasso, ma subito na­scondono la mano, terrorizzati di essere scoperti. In faccia non gli di­cono mai niente che lo possa irrita­re. Non osano contraddirlo, salvo disubbidirgli non appena usciti dalla sua stanza. Lui dà un ordine, loro subito lo eseguono, però al contrario. Poi si giustificano affer­mando che non ave­vano capito bene. Quindi allargano le braccia sconsolati, invocando perdo­no. Se lo ottengono, ne approfittano per mendicare qualco­sa: di solito, una pol­trona.

I partiti a guida ca­rismatica sono tutti uguali e tutti fanno la stessa fine: tengono finché tiene il manico; quando questo non reg­ge più, ciascun militante diventa un potenziale ammutinato. La disgregazione comincia così: l’inte­resse generale passa in secondo piano, prevale il desiderio di ogni individuo di pararsi le terga. I furbi cercano un’intesa col nemico, dal quale pretendono di essere salvati e riciclati; i fessi cercano di trarre qualche van­taggio dal caos: un posto, una cari­ca, un osso da spolpare. Il Pdl, co­me fu concepito dal Cavaliere, poteva essere un colosso, anzi lo è sta­to. Infatti nel 2008 vinse le elezioni politiche con largo margine. Il Pd di Walter Veltroni andò a schian­tarsi. Ma un anno dopo, il gigante era già un nano, ridimensionato dall’uscita di Gianfranco Fini con i suoi fedelissimi del Fli.

Il seguito è noto. Un lento e pro­gressivo smottamento condusse i berlusconiani al fallimento di un progetto ambizioso: la rivoluzio­ne liberale. Complice anche la cri­si economico- finanziaria, il gioco in attacco del Cavaliere si trasfor­mò in gioco difensivo con qual­che sortita in contropiede, sem­pre più timida, velleitaria. La parti­ta si concluse con una sconfitta. I berluscones si sono rivelati incon­sistenti. Lo erano anche in prece­denza, ma il gruppo compatto sop­periva al deficit dei singoli. Ora che lo squadrone si è ridotto a rap­presentativa di vecchie glorie sen­za gloria, si avverte la sua inade­guatezza. Non riesce neppure a contrastare i dilettanti allo sbara­glio di Mario Monti, ancora con­vinti che l’Europa e l’euro siano i fari della politica italiana. Non si accorgono che invece sono fuo­chi fatui, lumini cimiteriali.

La moneta unica e la Ue sono di­sgrazie, iatture. Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi le vollero a ogni costo e gli italiani, che han­no pagato un prezzo enorme per soddisfare quei capricci infantili, oggi boccheggiano. L’Inghilterra, che ha sputato in faccia all’euro, è in salute, sia pure con qualche ac­ciacco dovuto alla situazione in­ternazionale. E Berlusconi? Lui, che non ha mai creduto alle chi­mere europee, adesso è qui con un’Armata Brancaleone a recita­re la parte di coscienza critica del­la maggioranza. Però nessuno lo ascolta, neppure i suoi fanti. I qua­li, quando egli parla, si guardano l’un l’altro, incerti se dargli retta o no. Nel dubbio, si astengono dal fare qualsiasi cosa. Traccheggiano. Chi scuote la testa, chi sorride, chi sacramenta sottovoce per non farsi udire.Già.L’ex premier incu­te ancora timore, ma non ispira più fiducia.

Il Cavaliere non è stupido. In certi momenti ha consapevolezza dei propri errori; il principale è quello di essersi contornato di gente mediocre dall’inchino faci­le ( salvo alcune eccezioni) ma ina­bile ad altre attività, oppure dota­ta di tette eccellenti ma di meningi deboli. Troppo tardi per pentirsi, troppo presto per rimediare. E al­lora? Silvio alterna attimi di malu­more ad attimi in cui medita di but­tare all’aria il partito e di crearne un altro, nuovo, bello giovane, for­te. Perché non lo crea? Non ha il co­raggio di scaricare le cariatidi.

Il suo limite è che non sa gettare a mare chi non serve, cosicché la sua barca è piena di zavorra e ri­schia di affondare. Un leader cari­sma­tico che preferisce dire ni piut­tosto che no, a lungo andare viene rifiutato dagli elettori.

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