C'è stato un periodo in cui Giuseppe Conte si autoproclamava "avvocato del popolo". Un'espressione che ebbe origine a Palazzo del Quirinale nel momento in cui si presentava per la prima volta alle telecamere, se si esclude la sua breve apparizione nello studio televisivo di Giovanni Floris quando Luigi Di Maio lo proponeva come ministro della Pubblica Amministrazione. Adesso, da borghese qual era, Conte si è trasformato in un Che Guevara de' noantri che ha fatto finta di dimenticarsi quali sono state le sue vere origini: un po' pacifista, un po' seguace di Berlinguer e talora anche un po' troppo dilapidatore.
In quel suo debutto istituzionale Giuseppi era stato appena incaricato da Sergio Mattarella di formare un nuovo governo a seguito delle elezioni politiche che avevano visto i successi di Movimento 5 Stelle e Lega. Era il 23 maggio 2018 e in pochi potevano prevedere che quell'uomo della strada – con la pochette – avrebbe potuto incredibilmente assurgere a 'statista' nel giro di pochissimi mesi. Eppure è quello che è successo. O meglio: è quello di cui alcuni media a lui compiacenti hanno tentato di convincerci. Probabilmente elogiavano la sua qualità di non ridere di se stesso nel transitare tra il Conte 1 e il Conte 2: ovvero dall'abbraccio con Salvini e i decreti sicurezza a quello con il Pd e i dl che li smontavano (o che perlomeno tentavano di farlo). Ma quello era soltanto la prima delle tante trasformazioni dell'attuale leader dei 5 Stelle. È bastato giusto il tempo di farsi defenestrare da Palazzo Chigi da Renzi e di costruirsi una propria semi-verginità da battitore libero contro le politiche di Mario Draghi per potere quantomeno limitare i danni grillini alle elezioni politiche del 2022.
Ma a chi vuole assomigliare Conte?
Stando soltanto a quello che lui stesso ha fatto o dichiarato in questo scampolo di 2023, abbiamo assistito ad almeno tre grandi sceneggiate di Giuseppe Conte. In un paio di dichiarazioni pubbliche si è infatti paragonato a San Francesco e a Enrico Berlinguer. In entrambi i casi il filo del suo ragionamento era veramente notevole. Nel primo l'ex presidente del Consiglio ha voluto sfottere il Partito Democratico che, tramite Nicola Zingaretti, si era identificato come il "partito della pace": "Il Pd è il partito della pace? Allora io sono San Francesco", si è limitato a commentare Conte. Un delirio dialettico che fa il paio con quello di qualche giorno più tardi quando, in visita in un circolo del Movimento a Ostia, si è avvicinato a una foto dello storico segretario del Pci affissa alla parete, commentando: "Credo che alcune battaglie fondamentali portate avanti da Berlinguer noi stiamo dimostrando coi fatti di portarle avanti".
E chissà a quali battaglie di Berlinguer o – a maggior ragione – di San Francesco si riferiva il 'compagno' Conte quando ha messo in soffitta l'idealismo di Grillo sulla politica senza soldi. Ora può (quasi) autonomamente gestire il nuovo giocattolo; e lo fa alle sue regole. Una di questa ha lambito la sua decisione di affittare uno spazio in pieno centro a Roma, a Campo Marzio, il cui costo è di 12mila euro al mese. Quindi stop al partito liquido e via alla classica impostazione di partito, con una sede in una zona di pregio nella Capitale e altre satellite sparse sul territorio. Del resto Giuseppi è il presidente e nel nuovo codice etico ogni potere è a lui demandato: anche quello di picconare l'intera ideologia pentastellata.
Ecco quindi, in sintesi, il nuovo M5s di contiana ispirazione: da quello affidato alla protezione di San Francesco d'Assisi (il "santo povero") si è trasformato in spendaccione e nababbo. Il tutto nel solco dell'indiscutibile coerenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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