Pd in tilt, fumata nera: non c'è accordo sui capigruppo

La neo segretaria del Pd è in difficoltà per la scelta dei capigruppo. Intanto tra i deputati dem cresce il nervosismo: "È passato un mese da quando è stata eletta e ancora nessun incontro formale"

Pd in tilt, fumata nera: non c'è accordo sui capigruppo

Mentre le opposizioni si dividono in Aula votando quattro risoluzioni diverse sulla guerra in Ucraina, il Partito democratico fa i conti con i mal di pancia interni per l’elezione dei capigruppo. La neo segretaria del Pd, Elly Schlein, senza dubbio a proprio agio nelle piazze italiane e nei salotti tv, sembra trovare più di un ostacolo dalle parti del Nazareno. La trattativa interna al Pd sulla scelta delle presidenze dei gruppi di Camera e Senato è ancora in stand by. Oggi arriva l’ennesima fumata nera sui capigruppo: il nodo dovrà essere sciolto nella prossima settimana.

La partita dei capigruppo

La telefonata di domenica scorsa tra i due ex sfidanti, il neo presidente Stefano Bonaccini e la segretaria Elly Schlein, non è servita a chiudere il cerchio delle nomine. La “piccola grande rivoluzione” di Schlein si scontra con la dura realtà: le divergenze all’interno del Nazareno ci sono, condizionano le sorti del partito e influenzano le spartizioni delle poltrone. I nomi in campo, al momento, rimangono gli stessi. Il senatore dem, Francesco Boccia, come capogruppo al Senato e la deputata Chiara Braga alla Camera.

Due schleiniani convinti che, sicuramente, metterebbero in secondo piano la linea riformista del partito invocata da Bonaccini e i suoi. Resterebbero defilate le attuali capigruppo di Camera e Senato, Debora Serracchiani da una parte e Simona Malpezzi dall’altra. Un esponente parlamentare vicino a Bonaccini, raggiunto dall’Agi, descrive così la situazione: “Siamo rimasti all’ipotesi di due capigruppo di maggioranza e su questo non ci siamo. Aspettiamo segnali”. Lo stallo alla messicana all’interno del Nazareno esaspera il nervosismo e allunga i tempi per le nomine.

L'assenza della Schlein

Se da un lato la minoranza del Pd, capitanata da Bonaccini, chiede segnali concreti alla nuova segretaria, dall’altro Schlein scappa e non risponde. Ieri mattina la giovane segretaria non ha partecipato ai lavori dell’Aula di Montecitorio lasciando il Pd “solo” contro le comunicazioni e le relative risoluzioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il programma di Schlein si è spostato a Bruxelles dove ieri ha incontrato gli eurodeputati del Pd.

Una scelta che potrebbe avere un doppio peso politico. Per un verso, i più ottimisti, potrebbero tradurre la decisione della Schlein come una semplice prassi politica, volta a costruire un dialogo con il Pd europeo. Per altro verso, i più maliziosi, potrebbero vederci un modo per allontanarsi dalle difficoltà romane e prendere altro tempo prima di sciogliere il nodo dei capigruppo. Un deputato dem, incalzato dall’Agi, spinge verso la seconda ipotesi: “È passato un mese, ormai, da quando Schlein è stata eletta alle primarie e, da allora, nessun incontro formale con gli eletti è stato convocato”.

La politica di Elly Schlein, riprendendo le sue stesse parole, sembra chiara: occupare le piazze, fare politica “con i corpi” e “non limitarsi al

Parlamento”. Questo, sembra di capire, vale solo se all’ordine del giorno ci sono allarmi fascisti, difese della Costituzione e campagne pro-diritti. Per l’elezione dei capigruppo del partito tutto questo è pura retorica.

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